Sul Fatto Quotidiano. Da arbitro fu fermato da Casarin. Nel 2009 divenne presidente nazionale AIA. Ziliani ne ripercorre il passato imbarazzante
Come è possibile che un arbitro così discusso come Nicchi diventi presidente nazionale dell’Aia? Se lo chiede Paolo Ziliani su Il Fatto, ricostruendo l'”ambigua” scalata dell’ex arbitro. E sembra attribuire a lui parte delle storture del calcio italiano. Scrive:
“Perché il calcio italiano è diventato questa indegna cosa cui ogni giorno ci tocca assistere? Perché i fatti succedono senza che nessuno ci faccia caso. Anche se sono importanti. Anche se produrranno conseguenze irreparabili. Come nel 2009 quando Marcello Nicchi diventa presidente nazionale AIA (associazione italiana arbitri). Sono passati tre anni da Calciopoli e a capo del movimento spunta un ex dal passato imbarazzante”.
Ricorda che Nicchi viene fermato nella sua carriera di arbitro da Casarin, alla fine della stagione ’96–’97. A motivare la decisione del designatore due episodi “incresciosi” di cui Nicchi è protagonista. L’espulsione di Andersson del Bologna “che a bordo campo chiede a Ulivieri di essere sostituito non ritenendosi tutelato dall’arbitro” e il famoso gol di mano di Rapajc contro il Napoli.
Eppure Nicchi è stato eletto a capo dell’Aia. Difficile dire perché. Ma insieme a Nicchi sono saliti in graduatoria tutti quelli che gli erano amici e vicini. Come Luca Pairetto, il figlio di Pierluigi – il designatore radiato a Calciopoli per i rapporti con Moggi – di cui Nicchi fu quarto uomo nella finale europea del 1996 tra Germania e Repubblica Ceca (2-1).
“E certo il figlio di Pairetto, Luca, con Nicchi a capo dell’AIA di strada ne ha fatta nonostante i continui pastrocchi (l’ultimo: i 7 ammoniti più un espulso della Roma nel 2-4 contro il Sassuolo)”.
Non solo. Appena eletto, Nicchi nomina suo vice all’AIA Nicola Pisacreta. Mentre Alfredo Trentalange diventa capo del settore tecnico.
“Pisacreta è il guardalinee che nella più scandalosa partita di Calciopoli, Roma-Juventus 1-2, nel ’94–’95, fece convalidare il gol di Cannavaro segnato in fuorigioco e sostenne Racalbuto nella concessione del rigore del 2-1 per un atterramento di Zalayeta avvenuto fuori area (“È fuori e nemmeno netto” disse Bergomi in telecronaca Sky, tuttora reperibile su Youtube). I due minuti di proteste di Totti e compagni non servirono”.
Anche Trentalange ha un passato ambiguo.
“Era l’osservatore di Rocchi nella scabrosa partita Chievo–Lazio finita nel mirino degli investigatori. Il voto che diede a Rocchi fu alto e venne interrogato perché spiegasse. Curioso notare come Gianluca Rocchi, nell’organigramma AIA, figuri oggi come rappresentante degli arbitri; e come tra i responsabili degli Organi Tecnici ci sia Matteo Trefoloni, che era l’arbitro designato per la famosa Roma–Juve di cui sopra e che non se la sentì, e mandò un certificato medico per farsi sostituire, sapendo cosa lo aspettava”.
Durante l’interrogatorio, Trefoloni dichiarò che il designatore Bergamo e la sua segretaria Fazi
“svolgevano un’attività volta a determinare in noi arbitri una sudditanza psicologica che si traduceva poi a seconda delle partite da arbitrare in una gestione delle stesse in linea con il volere dei citati”.