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A che punto è l’evoluzione di Piotr Zielinski

La volontà di rinnovare da parte del Napoli equivale alla voglia di puntare sul centrocampista polacco che ha vissuto tutti i cambiamenti tattici della squadra

A che punto è l’evoluzione di Piotr Zielinski

Il talento di Piotr Zielinski ha fatto sì che fosse sempre individuato tra i punti fermi nel progetto tecnico del Napoli, specialmente nelle proiezioni future, come se ci fosse sempre qualcosa di inespresso da dover ancora apprezzare. Quel che gli servirebbe, insomma, per raggiungere uno status superiore. D’altronde, un elemento distintivo nella considerazione di un calciatore è senz’altro la continuità, che il polacco ha dimostrato a fasi troppo alterne. Il club, prima di una valutazione tecnica, ne fa una economica e per questo motivo è da mesi in trattativa con il suo entourage per un rinnovo di contratto. È un classe 1994, l’accordo in essere scadrà a giugno 2021 e la clausola rescissoria da 65 milioni di euro restituisce un valore di mercato facilmente attaccabile per le tendenze attuali, anche se saranno sicuramente influenzate al ribasso dall’epidemia che sta mettendo a dura prova l’economia mondiale.

L’intenzione di non privarsene è stata ribadita anche da Gennaro Gattuso che dovrebbe essere confermato anche per le stagioni a venire alla guida del Napoli. Nella sua gestione, Zielinski è probabilmente il giocatore che maggiormente ha vissuto i cambiamenti tattici della squadra. Al suo arrivo, Gattuso ha voluto invertire con decisione la tendenza precedente e ha riesumato alcuni dei principi dell’epoca sarrista, a partire dal modulo di disposizione – il 4-3-3 – fino ai concetti chiave come la codificazione dei movimenti tipica del gioco posizionale, fitte linee di passaggio e il pressing alto. In questo sistema Fabian Ruiz diventava il regista, quel vertice basso con la responsabilità di dare ordine e dettare tempi. Tale scelta originava un centrocampo senza equilibrio, concettualmente quanto fisicamente, che finiva per penalizzare lo spagnolo e lo stesso Zielinski. L’allenatore aveva individuato il problema dopo la gara con l’Inter, persa 3-1 al San Paolo nel giorno della Befana: “Zielinski deve muoversi meglio quando non abbiamo il pallone. Ci è mancato lo schermo del vertice basso. Questa squadra ha qualità ma non ci sta aiutando a vincere le partite“.

La seconda fase è stata quella di adattamento. Gattuso ha ragionato e fatto diversi aggiustamenti dopo alcuni risultati deludenti, che peraltro non permettevano alla squadra di raggiungere il livello di serenità e consapevolezza tale per esprimersi al meglio. In questo periodo, diversi ruoli sono stati messi in discussione, tra cui quello di Zielinski, ipotizzato esterno alla Suso con libertà di inventare, rifinire e concludere sulla trequarti avversaria ma partendo da una posizione decentrata. Opzione che il tecnico aveva escluso prima della gara con la Juventus in conferenza stampa il 25 gennaio: “Di quello che s’è fatto prima non si può fare copia incolla, bisogna capire se i giocatori sono effettivamente funzionali“.

La sfida con i bianconeri ha consegnato per la prima volta la versione più recente del Napoli, quella capace di infilare vittorie consecutive e riportarsi in zona Europa. Lì la trasformazione tattica di Gattuso si è realizzata, con Demme al centro del campo, una pressione più moderata e i reparti vicinissimi. In questo modo, Zielinski ha avuto la possibilità di muoversi senza palla in una zona di campo più ridotta, risultando più lucido ed efficace in fase offensiva: la lettura di attacco alla porta in occasione del raddoppio del Napoli non è casuale. Inoltre, le sue doti tecniche lo rendono perfetto quando la squadra deve ripartire, grazie ai suggerimenti rapidi e precisi, come l’assist a Mertens contro il Barcellona.

Può diventare molto, molto forte, un campione. Ha una gamba e una tecnica importante, deve migliorare l’ultimo passaggio. A lui piace attaccare la profondità” è stata l’analisi di Gattuso dopo il successo sulla Juve. Perciò, se il polacco si dovesse confermare a questi livelli, magari raccogliendo con maggiore cognizione le responsabilità da leader tecnico che il Napoli gli riconosce da anni, saremmo davvero di fronte ad un calciatore di livello internazionale. L’impressione, però, è che di strada ce ne sia ancora un po’ da fare.

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