Il CorSera intervista Sergio Harari, pneumologo del San Giuseppe di Milano: «Sono cadute rivalità e gelosie tra colleghi. Non ci sono dati certi sul picco»
Il Corriere della Sera intervista Sergio Harari, direttore dell’unità operativa di Pneumologia dell’ospedale San Giuseppe di Milano. Gestisce l’unità Covid-19.
Racconta che ormai non si riposa più e che comunque, anche se ce ne fosse la possibilità, «l’adrenalina tiene svegli».
Non è possibile prevedere quanto si potrà andare avanti in questa situazione.
«Ci sono sì previsioni del picco, ma non dati certi. E il progressivo rallentamento e una successiva discesa, poiché viaggiamo comunque su numeri considerevoli non significa che ne saremo fuori… Occorrono pazienza, determinazione, spirito di sacrificio. E intendo quello di tutti, intendo il rispetto degli appelli a starsene in casa, a evitare ogni uscita se non proprio necessaria. Un concetto facile nella sua essenza ma non facilmente assimilabile… Con la Regione stiamo andando oltre ogni possibile sforzo per recuperare posti letto di rianimazione. Sforzi mostruosi. Siamo quotidianamente impegnati su pazienti che si aggravano, sembrano migliorare ma è solo una tregua».
Harari racconta come l’ospedale si è organizzato per fronteggiare l’emergenza.
«Abbiamo organizzato due squadre, ognuna con un responsabile, in entrambi i casi figure di forte esperienza, professionale ed umana, per trattare i Covid-19 positivi e quelli negativi. Per il personale, esistono precisi percorsi d’entrata e di uscita dai reparti del coronavirus. Questo per risparmiare su mascherine, guanti, calzari, non doverli buttare ogni volta passando da una stanza all’altra… Allo stesso tempo, ci siamo industriati nel creare delle porte supplementari per garantire l’isolamento delle aree. Abbiamo fatto da noi, dovrebbe funzionare».
Medici che dormono in albergo per non correre il rischio di infettare le proprie famiglie. Telefonate con colleghi di tutto il mondo per scambiarsi consigli su come affrontare il virus.
«Le ultime telefonate sono dalla Repubblica Dominicana».
E aggiornamenti continui sui cellulari su quanto sta accadendo a Brescia e Bergamo.
«Non riesco a pensare al dopo, non me lo posso permettere, sono sincero. Posso dire questo: ho trovato la massima disponibilità nel personale e non è mai scontato; come non è scontato che medici “lontani” per specializzazione dalla pandemia siano con noi… Ho trovato giovani che non hanno paura e imparano come in guerra. Sono cadute rivalità e gelosie».