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Confindustria Bergamo: “Il decreto del governo ha aumentato i lavoratori costretti a uscire di casa”

A L’Eco di Bergamo: “Quel video è stato un errore, chiediamo scusa, ma allora nessuno poteva immaginare quel che sarebbe successo»

Confindustria Bergamo: “Il decreto del governo ha aumentato i lavoratori costretti a uscire di casa”

L’Eco di Bergamo ospita una lunga intervista al presidente di Confindustria Bergamo, Stefano Scaglia. Ritiene che un mese fa la situazione in cui si trova l’Italia oggi – e la Lombardia in particolare – era assolutamente inimmaginabile.

«Ricordo che i tifosi dell’Atalanta affollavano gli stadi, la gente si accalcava sulle piste da sci e a bere l’aperitivo sui Navigli, quel tragico weekend dell’8 marzo. Una parte importante del mondo scientifico diceva che questa era solo una brutta influenza. E le istituzioni pubbliche erano anche loro molto indecise sulla possibile evoluzione della situazione».

Riconosce, anzi, che il video ideato il 28 febbraio da Confindustria Bergamo per tranquillizzare i propri partner, è stato un grave errore.

«Oggi, col senno di poi, possiamo dire che quel video è stato un errore. E chiediamo scusa di questo, ma eravamo – ripeto – in un contesto completamente diverso».

Le imprese, però, non hanno fatto pressioni affinché non venisse introdotta la zona rossa nella Val Seriana, assicura.

«Non spetta a Confindustria fare le ordinanze ma alle istituzioni che allora erano profondamente divise. Noi come Confindustria abbiamo fornito in maniera trasparente e responsabile tutte le informazioni che ci erano state richieste da chi doveva fare l’ordinanza. Non ci sono state pressioni. Ci siamo limitati a fornire dati e informazioni perché i decisori potessero avere un quadro completo per decidere al meglio».

Non c’è alcuna certezza, dice, che con la zona rossa le cose sarebbero cambiate. Ed elogia il senso di responsabilità dimostrato dalle imprese bergamasche appena hanno capito cosa stava per succedere.

«Venerdì scorso, ad esempio, prima dell’ultimo decreto del presidente del Consiglio, abbiamo fatto un censimento delle nostre imprese. Degli 81mila dipendenti di imprese associate a Confindustria Bergamo (esclusi i dipendenti delle aziende dell’indotto) solo 22mila erano in movimento per lavoro. Mentre 23 mila erano delle aziende chiuse, 13 mila di quelle chiuse parzialmente, e altri 22mila a casa in telelavoro. Quindi soltanto meno del 30% erano i dipendenti ancora in movimento, tutti gli altri erano a casa».

E anche oggi le imprese che restano chiuse sono più di quelle previste dal governo. Dichiara:

«Se si considerano le imprese con codice Ateco che possono tenere aperto, i loro dipendenti sono ben 38 mila. Molti di più dei 22 mila attualmente in attività. Le imprese bergamasche hanno dimostrato prudenza e responsabilità ben prima dell’ordinanza del governo».

Al presidente viene chiesto se davvero tutte le attività in funzione siano essenziali. Risponde:

«Non è facile individuarle per la verità, perché la filiera è molto complessa. Però dico che l’impresa che produce apparecchi per il medicale ha bisogno dell’azienda che fa le viti, di quella che fa i pulsanti elettrici e di quella che fa i carrelli elevatori. Attenzione dunque a definire le attività essenziali».

Anche la Scaglia Group, la sua azienda, è chiusa da più di una settimana.

«Aggiungo però che abbiamo richieste dal mondo farmaceutico e da quello alimentare per la fornitura di pezzi di ricambio. Dovremo decidere come gestire questo».

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