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Fatto: caso Cardarelli, il 12 marzo l’Ordine dei medici denunciava richieste improprie di certificati

L’assenteismo si estende da Nord a Sud. Il nodo è un articolo del decreto Conte che consente a chi ha patologie croniche di assentarsi dal lavoro, ma tra queste è compresa anche la semplice ipertensione

Fatto: caso Cardarelli, il 12 marzo l’Ordine dei medici denunciava richieste improprie di certificati

Il caso dei medici in malattia al Cardarelli non è l’unico in Italia, scrive il Fatto Quotidiano. Le assenze ingiustificate tra il personale in prima linea nella lotta al Covid-19 riguarda un po’ tutto il Paese, da Nord a Sud.

Anche l’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Guilio Gallera, denuncia:

“Anche noi in Lombardia abbiamo già avuto segnalazioni, non da ospedali ma da alcune Residenze sanitarie assistenziali. Le Rsa denunciano un grosso calo di personale, in presenza di certificati medici a volte reiterati, senza che ci sia positività al virus o quarantena”.

Una situazione resa possibile dal decreto firmato dal premier Conte lo scorso 8 marzo, scrive il quotidiano di Travaglio.

All’articolo 3, infatti, il decreto raccomanda a tutte le persone affette da “patologie croniche” di evitare di uscire dalla propria abitazione “fuori dai casi di stretta necessità”.

La norma ha portato l’Inps a emanare una circolare rivolta ai medici di famiglia, che sono quelli che rilasciano i certificati di malattia anche ai loro colleghi. Sono stati autorizzati a rilasciare i certificati con il codice V07, riferito a persone con necessità di isolamento, altri rischi potenziali di malattie e misure profilattiche.

Il fatto è che nella casistica delle patologie croniche può essere ricompresa anche l’ipertensione, che però può essere tenuta sotto controllo dai farmaci. E così gli operatori sanitari hanno cominciato, in tantissimi, a chiedere certificati medici.

Ad accorgersi della situazione è stato, tra i primi, il presidente dell’Ordine dei medici di Ravenna, Stefano Falcinelli:

“Nella circolare Inps non è scritto quali sono le patologie croniche che avrebbero diritto al certificato. E io, medico di famiglia, come faccio a sapere quali sono quelle che espongono maggiormente al rischio di contagio? E a conoscere con esattezza quali sono le effettive condizioni di lavoro di chi mi chiede il certificato?”.

L’Ordine dei medici napoletano, il 12 marzo scorso, ha inviato una comunicazione ai suoi iscritti:

“A seguito di numerosi quesiti rivolti allo scrivente Ordine dei medici, si rileva che nell’attuale fase di diffusione da Covid-19 sono sempre più frequenti richieste improprie di certificazioni di malattia per soggetti che non ne hanno diritto”.

A valutare quale sia la patologia cronica dovrebbe essere una commissione medico legale dell’Inps o delle aziende sanitarie, ma al momento tutte le commissioni dell’Inps sono ferme, cosa che determina il caos e apre le porte alle defezioni del personale medico proprio in un momento topico dell’emergenza sanitaria.

Scrive il Fatto:

“Numerose Asl, del resto, hanno già dato disposizioni al personale. Nel Sud lo hanno fatto, per esempio, l’azienda sanitaria di Napoli 1 e quella di Napoli 3 Sud. Entrambe hanno invitato tutti gli operatori “affetti da patologie croniche o con multimorbilità, oppure con stati di immunodepressione congenita o acquisita” – in pagina la circolare conseguente diramata il 9 marzo dalla direzione sanitaria del Cardarelli – a segnalare per email la propria situazione per astenersi dall’attività lavorativa in “permesso assenza per emergenza”. Una misura da confermare, entro i tre giorni successivi, dal certificato del medico curante. Tutto mentre mancano o scarseggiano le mascherine”.

Intanto fioccano gli esposti alle Procure che denunciano la violazione della sicurezza sul lavoro, a causa dell’assenza di apparecchiature protettive. Per questo motivo il presidente dell’Ordine dei medici di Bolzano, Monica Oberrauch, ha deciso che non ci saranno sanzioni disciplinari per chi si rifiuta di lavorare in queste condizioni.

“Perché oltre a subire un danno, rischiamo di diventare una fonte di infezione. Non posso costringere un medico ad assistere un paziente infetto senza misure di sicurezza. È una questione giuridica, ma è anche una questione etica”.

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