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Il Fatto: coronavirus, il farmaco napoletano sembra funzionare (con delle incognite)

I risultati della sperimentazione del Tocilizumab sui pazienti Covid sono incoraggianti, ma mancano ancora evidenze scientifiche. In Cina viene utilizzato

Il Fatto: coronavirus, il farmaco napoletano sembra funzionare (con delle incognite)

Contro il Covid-19 si cerca in tutti i modi un farmaco efficace. Ai pazienti in terapia intensiva si stanno somministrando diversi medicinali. Da un lato gli antivirali utilizzati contro Hiv o Ebola, dall’altro il Tocilizumab. Il farmaco, commercializzato dalla Roche per patologie come l’artrite reumatoide o il lupus, è in via di sperimentazione al Cotugno grazie all’intuizione di alcuni medici del Pascale di Napoli. Lo si sta utilizzando per tentare di far regredire le polmoniti più gravi da Covid. E sembra abbia dei risultati.

Si tratta di farmaci mai usati finora per questa patologia, del tutto nuova, scrive il Fatto Quotidiano, per questo l’Agenzia del farmaco (Aifa) sta decidendo i criteri da utilizzare. Per il momento ha autorizzato la sperimentazione con l’antivirale Remdesivir della Gilead. Anche se non è ancora stato mai sperimentato sugli uomini.

Il Tocilizumab, invece, è stato utilizzato in Cina sui pazienti Covid. Su 21 pazienti ha dato buoni risultati, tanto che l’ente regolatorio del farmaco cinese ne ha approvato l’uso contro il nuovo virus.

Da poco meno di una settimana, il farmaco viene utilizzato anche in Italia ma con approcci diversi a seconda degli ospedali. Il Pascale, spiega il Fatto, lo utilizza nei pazienti appena intubati o poco prima che vengano intubati e sembra avere successo anche se si tratta ancora di un numero troppo esiguo di pazienti per dirlo con certezza. Altri ospedali lo utilizzano in modo diverso. Nessuno si sbilancia, scrive il quotidiano, anche se

“si intuisce che i risultati siano incoraggianti”.

Il problema del farmaco è che, nonostante dia molte speranze, pone anche diverse incognite.

“La dose e il momento in cui viene somministrato possono tradursi nel salvare la vita al paziente, ma potenzialmente anche nel peggioramento del quadro clinico, perché può indebolire, se dato troppo presto, la risposta immunitaria contro il virus. Se dato troppo tardi potrebbe non essere più efficace”.

Inoltre, il Tocilizumab nasce per ridurre le reazioni eccessive del sistema immunitario in patologie croniche come l’artrite reumatoide, non acute come quella indotta dal Covid-19.

C’è poi da capire come verrà disegnato il protocollo dal punto di vista etico, cosa a cui penserà l’Aifa.

“Le sperimentazioni cliniche che danno risultati più accurati sulla sicurezza e l’efficacia prevedono, di solito, un impianto cosiddetto in “cieco” o in “doppio cieco” cioè dove a un gruppo di pazienti viene dato il farmaco, e ad altri il placebo, per verificare l’efficacia del farmaco in modo oggettivo. Ma in una situazione di emergenza, questo passaggio diventa critico. Passaggi che Aifa dovrà chiarire nei prossimi giorni”.

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