“Volevo nascondermi” è da vedere come un’opera d’arte. Nella bassa reggiana la lotta di uomo non compreso dal popolo bue

Ha avuto una nascita al cinema differita questo “Volevo nascondermi” del regista Giorgio Diritti che avrebbe dovuto uscire nelle sale a fine marzo e poi per l’esplodere del Covid-19 è stato spostato a mercoledì 4 marzo. Ma forse la morte di Flavio Bucci indimenticato primo Ligabue del 1978 ha costretto ad un tempus lugendi involontario. Chissà se il protagonista Elio Germano fresco vincitore dell’Orso d’argento alla Berlinale, come miglior attore protagonista, pensava all’attore torinese, quando ha dedicato il film a tutti quelli che sono sbagliati: a Bucci che aveva avuto una vita da numero primo.
Entriamo nella sala distaccati già dal botteghino – c’è il metro di distanza del Decreto Conte 2 da rispettare – ma c’è voglia di normalità. Scorrono sullo schermo l’infanzia e l’adolescenza in Svizzera di Antonio Costa, poi Antonio Laccabue, che diventerà in Italia Antonio Ligabue: un bambino difficile, figlio di un’italiana, ma allevato da una famiglia affidataria tedesca, che vuole stare da solo, ama gli animali. Quel bambino diventerà un adolescente che non riesce a stare alle regole: eppoi sarà espulso dalla Svizzera e riparerà a Gualtieri in piena Bassa reggiana. È qui che Ligabue ed Elio Germano si fondono – certo anche per merito dello straordinario trucco e parrucco di Lorenzo Tamburini e Giuseppe Desiato –; e l’attore non è nuovo a queste immedesimazioni: basti pensare alla sua interpretazione di Leopardi. Ma cosa dire della fotografia di Matteo Cocco che sembra dipingere i vapori ed i colori pastello già presenti nei quadri di Ligabue? Insomma un’opera d’arte anche a livello linguistico con quell’impasto di immigrazione tra tedesco e dialetto della provincia reggiana.
Certo nel suo crescere come artista e come uomo – entrando e uscendo dai manicomi – curato da uomini come Mazzacurati e de Chirico, si assiste alla lotta di uomo non compreso dal popolo bue: ma non molla il pittore ben conoscendo il suo valore. Cercava la bellezza Ligabue la trovò in tele dal forte sapore sanguigno nei colori e nei soggetti: paesaggi, fiere, cavalli, aquile, aironi. La sua sete di libertà si concretò anche nel possesso di moto e macchine: le prime per scorrazzare tra l’erba ed il fiume; le seconde esibite come status symbol. Non trovo l’amore in vita Ligabue, ma aveva già chiaro vivendo che solo il cielo aveva una destinazione per lui: “Andiamo”. “Volevo nascondermi” è un biopic molto particolare da vedere come un’opera d’arte.