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La spedizione medica cinese in Italia: “Aiutiamo i colleghi italiani ad evitare i nostri errori”

Al Messaggero parla Liang Zongan, uno dei medici arrivati a Roma con macchinari e attrezzature anti Covid-19: «Abbiamo portato farmaci per creare il mono anti-corpo e farmaci tradizionali cinesi»

La spedizione medica cinese in Italia: “Aiutiamo i colleghi italiani ad evitare i nostri errori”

Il Messaggero intervista Liang Zongan, medico cinese responsabile della medicina intensiva polmonare dell’Ospedale universitario di Sichuan. E’ in Italia insieme ad altri otto medici per aiutare il nostro Paese a venire fuori dall’emergenza sanitaria utilizzando le competenze della Cina. La spedizione ha portato anche macchinari e attrezzature. La Cina ormai registra pochi nuovi infetti e adesso intende aiutare l’Italia a fronteggiare l’epidemia.

Oggi l’equipe sarà allo Spallanzani per confrontarsi con i colleghi italiani, poi, nei prossimi dieci giorni, andranno in giro per il Nord a portare la loro esperienza.

«Innanzi tutto siamo venuti qua per condividere le nostre esperienze, abbiamo lavorato a lungo a Wuhan, nella provincia di Hubei. Abbiamo lavorato tutto questo tempo per accumulare esperienze cliniche di prima mano. Tra queste, alcune hanno dato ottimi risultati, altre si sono rivelate degli errori. Per questo siamo qui per condividere le nostre conoscenze con i colleghi italiani perché non commettano i nostri stessi errori e possano invece utilizzare velocemente quelle che si sono rivelate mosse positive».

Il professore spiega che l’equipe ha portato dalla Cina dei farmaci “che servono per creare il mono anticorpo”. Ma anche esperienze in termini di terapie e

«azioni di controllo e prevenzione della diffusione. Infine, abbiamo portato anche alcuni farmaci della medicina tradizionale cinese, che hanno dato buoni riscontri sui pazienti nella prima fase, con pochi e lievi sintomi».

Oggi la situazione, a Wuhan, si è stabilizzata, racconta, anche se i primi giorni sono stati molto difficili. E sul vaccino:

«Ancora siamo nella fase della ricerca clinica, possiamo accelerarla, ma per adesso non ci sono certezze».

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