Il giornalista scomparso. L’intervista del 1992: «Napoli mi ha amato in modo soffocante, non ne faccio una colpa ai napoletani. Berlusconi sta ammazzando il calcio»
È morto Bruno Bernardi. Aveva 79 anni. Pere trent’anni è stato la firma sportiva de La Stampa. Grande maradoniano, aveva un rapporto speciale con Diego. Questo il ricordo che il quotidiano torinese ha scritto di lui.
Bruno Bernardi ha più volte intervistato Maradona.
Lo fece anche quando Diego, terminata la squalifica. Andò a Siviglia. Era il 27 settembre 1992. L’intervista di Bernardi – ovviamente per La Stampa – si apre col virgolettato di un’elegante signora napoletana in Andalusia per Expo 92: «Signor Maradona, perché ci ha traditi? Tutti noi le vogliamo bene, perché non è tornato?».
Maradona sgrana gli occhi: «Non ho tradito io, ma voi: seguite Ferlaino e non i calciatori che vi regalano gioia».
L’intervista
Chi è oggi Maradona?
«Un uomo che ha commesso degli errori, ha pagato e ha ritrovato l’equilibrio: ho vissuto cose buonissime e problemi che non cancellano il buono né la grandezza che ho dentro ma servono per rendermi conto che non troppo grande né così basso come vogliono far credere».
Poi si arriva a Ferlaino.
«La società mi ha lasciato solo nel momento più difficile della mia vita. Neppure una telefonata di Ferlaino. L’avrei gradita, magari di insulti. Niente. Solo negli ultimi mesi, dopo avermi mandato messaggi attraverso altre persone, la signora Ferlaino ha chiamato mia moglie al cellulare per tentare di risolvere una questione che, tra uomini, si era troppo inasprita. Ma Claudia ha ricordato che l’ultimo Natale trascorso in Italia, le aveva telefonato piangendo e contro la mia volontà, affinché intercedesse presso il marito che ci negava una vacanza già prenotata, a Madonna di Campiglio; ma fu inutile. La ruota gira: Ferlaino, impaurito per lo sbaglio che aveva commesso, usava la sua donna per farmi cambiare idea».
Sarebbe tornato a Napoli?
«Quando ero disperato, contro il parere di Claudia, Franchi e dei medici, volevo tornare a giocare, anche a Napoli. Ho fatto l’ultimo tentativo con quelle ventuno condizioni che riguardavano l’uomo più che i soldi. Non dovevo neppure un dollaro a Ferlaino poiché con il nuovo contratto avevo già disputato tre stagioni. Piuttosto era il Napoli a dovermi 7 milioni di dollari, cifra che comprende anche l’anticipo per il 92-93. Bastava un po’ di buona volontà. Quando mi telefonavano Careca, Crippa e De Napoli, mi toccavano nel profondo del cuore. A Napoli ho tanti amici, dentro e fuori del calcio. Ed è solo colpa di Ferlaino se sono al Siviglia».
Ferlaino le ha augurato un futuro da dirigente.
«Se mai lo diventerò, non collaborerò con Ferlaino. Io e lui siamo troppo diversi».
Napoli le ha dato tanto ma che cosa le ha tolto?
«Mi ha amato in modo soffocante, senza mai un momento di pace senza respiro. Speravo, e me l’avevano promesso, che dopo due o tre anni cambiasse, invece è aumentata la pressione. Non ne faccio una colpa ai napoletani. A Ferlaino strappai la promessa che, se avessimo vinto la Coppa Uefa, mi avrebbe lasciato libero con una stagione d’anticipo. Se la rimangiò. E fu da allora che andai fuori di testa».
La Juve avrebbe fatto carte false per averla. Agnelli l’ha lasciato capire e Boniperti ha detto che lei è l’unico grande campione che non ha indossato il bianconero. Ma fu sul punto di venire a Torino: che cosa sarebbe cambiato nella storia di Maradona se aveste firmato quel contratto?
«La Juve era il mio grande sogno e sarei stato il giocatore che parla e urla in campo, che trascina i compagni e che manca dai tempi di Bettega e Tardelli, quando la Juve vinceva tutto. A Torino avrei fatto collezione di scudetti, sarei ancora in una città dove puoi passeggiare tranquillamente in via Roma senza essere molestato, come mi capitò quando stavo in Italia da pochi mesi e a Napoli non potevo uscire dall’albergo. Roberto Baggio è un fuoriclasse, forse l’unico, insieme con Caniggia, che può diventare il mio erede, ma deve soffrire , come sta facendo, ancora per un paio d’anni per acquisire esperienza e maturare. La Juve è un club straordinario e di fronte all’Avvocato bisogna togliersi il cappello. È troppo forte, troppo distante da Berlusconi».
Ora è il Milan che domina e si concede il lusso di mandare Gullit in tribuna.
«Assurdo. Ho molta rabbia nei confronti di Berlusconi: è un egoista che, con sei stranieri, più che rafforzare il Milan vuole indebolire la concorrenza. Sta ammazzando il calcio. Capisco il potere, che a me ha fatto tanto male, ma Gullit non merita un simile trattamento. E oltre a Ruud viene penalizzato il pubblico c he non può vedere un asso come l’olandese che gli dà felicità. Se non serve, lo cedano al Siviglia».
Nel Milan c’è Lentini la cui quotazione di mercato fa impallidire quella pagata dal Napoli per strapparla al Barcellona otto anni fa. È giusto?
«È una conseguenza delle richieste che aveva il Torino. Lentini sembrava già della Juve e Berlusconi gliel’ha portato via con un ingaggio al quale non si poteva dire di no. Mi risulta che Lentini guadagni addirittura più di me. È sicuramente un grosso attaccante, non un fenomeno».
Milan dunque inarrivabile?
«Può bissare lo scudetto. L’antiMilan resta la Juve che, però, non può permettersi di pensare al futuro acquistando giovani pimpanti, ma deve pensare a vincere subito rafforzandosi con elementi ricchi di personalità. Per intenderci, ha bisogno di un tipo alla Ancelotti che domini in campo e faccia pressione psicologica su compagni e avversari. Le altre non sono pronte a competere col Milan. Non l’Inter alla quale manca un Matthaeus dei giorni migliori e può aspirare all’Uefa. Non il Napoli: è Ferlaino che non ha voluto più farne una squadra vincente. Non la Samp che ha perso Vialli. Non la Roma del mio amico Caniggia. Non il Toro che ha una buona squadra ma non ha bisogno dello scudetto».
Le manca la nostra Serie A?
«Moltissimo. Ma ora sono in Spagna. Penso al Siviglia, alla presentazione di domani col Bayern di Matthaeus: vedrete un grande Maradona. Ho invitato anche re Juan Carlos. E penso al debutto nella Liga, il 7 ottobre».
Non punta a Usa 94?
«È presto. E ho tanti dubbi. Prima debbo riconquistare il posto in Nazionale per un Mondiale che per me sarebbe l’ultimo e che potrebbe essere falsato da clima e fusi orari. A Italia 90 andammo in finale perché Vicini non mise Vierchowod: con lui in difesa non avremmo mai pareggiato. E prego Dio che gli azzurri di Sacchi non tocchino i livelli del Milan, altrimenti diventeranno i più forti e non ce ne sarà per nessuno».