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Cesare Casella: «Silvia Romano? Quando guardi in faccia la morte non puoi prevedere le tue reazioni»

In un’intervista a Libero l’imprenditore ricorda la sua prigionia di due anni pensando alla cooperante liberata: «Ogni cosa extra che mi veniva concessa dai miei carcerieri per me era una dimostrazione di grande umanità».

Cesare Casella: «Silvia Romano? Quando guardi in faccia la morte non puoi prevedere le tue reazioni»

Libero intervista Cesare Casella, l’imprenditore che nel 1988 fu sequestrato per più di due anni. Per la precisione 743 giorni: dal 18 gennaio 1988 al 30 gennaio del 1990. Ancora oggi non se ne conoscono i mandanti. All’epoca aveva 18 anni, fu sequestrato da un commando armato mentre tornava da una serata con amici e fu tenuto nascosto nei boschi dell’Aspromonte. Per il suo rilascio fu pagato un riscatto di un miliardo di lire, ma la banda lo cedette ad un’altra, che lo rimise in vendita. Oggi Casella ripercorre la sua esperienza alla luce di quanto accaduto a Silvia Romano.

Definisce il sequestro di persona «un atto bestiale, il reato più vile e più crudele che si possa commettere». Che rende il sequestrato simile ad un reduce di guerra.

«Sono contento per il rientro in Italia di Silvia Romano, ma sono estraneo alle polemiche sulla vicenda. Che si sia convertita sono fatti suoi. Del resto, quando ti confronti con la morte faccia a faccia, non puoi prevedere le tue reazioni. Silvia ha abbracciato la religione dei suoi sequestratori? Non possiamo giudicare la sua scelta, ci tocca soltanto comprenderla».

Silvia Romano ha parlato dei suoi rapitori dicendo di essere stata «trattata con grande umanità». Casella non è stupito dalle sue parole. Agli occhi di chi è tenuto prigioniero, basta non essere uccisi per essere trattati con umanità. O avere da mangiare e da bere.

«I carcerieri con cui entravo in contatto, i quali non avevano ruolo di comando, mi dimostravano umanità nelle occasioni in cui, ad esempio, mi portavano il giornale, che per me valeva oro e rappresentava una specie di dono. Ogni cosa extra che mi veniva concessa si trasformava dal mio punto di vista in una dimostrazione di grande umanità».

 

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