Alla base dell’intossicazione sarrista c’era una negazione pervicace, ideologica e sistematica della realtà dietro il paravento del “bel giuoco”
Il figliol prodigo che assassina il padre tutelare con un epilogo degno di un’opera tragica greca o di un trattato di psicologia identitaria. Epilogo edipico che ci libera di un peso grosso come un macigno: il sarrismo. Siamo liberi, vittoriosi e respiriamo finalmente aria pura. Perché alla base dell’intossicazione sarrista (ci sarebbe da scrivere un trattatello a proposito) c’era anche questo (ed il direttore di questa testata, dobbiamo dirlo, l’ha sempre detto dall’inizio): una negazione pervicace, ideologica e sistematica della realtà dietro il paravento del “bel giuoco”.
Perché diciamocelo chiaramente, quello che ha fatto Sarri a Napoli non è nulla di nuovo: Sarri ha fatto un copia incolla del guardiolismo senza però vincere nulla (i posteri tra l’altro ricorderanno l’originale non la copia). Il suo maestro Guardiola univa infatti il bel gioco al risultato: un calcio speculare, di toque, di aggiramento, di ragnatele di passaggi che servivano a ingannare l’avversario, distrarlo, salvo trafiggerlo con improvvise verticalizzazioni che portavano al gol. Ed è così che il Barça di Guardiola ha vinto campionati, coppe e Champions. La Juve di ieri ha mostrato tutti i limiti del sarrismo applicato al calcio: possesso palla sterile, manovra lenta ad aggirare la trincea di Gattuso senza riuscire pertanto a penetrare nelle difese avversarie (lo ha fatto solo una volta complice un errore di appoggio di Callejon). Insomma il tiki taka sarrista è un copia incolla mal riuscito. Infatti in soli sei mesi Gattuso ha vinto più di Sarri in 3 anni. Se al posto di Gattuso ci fosse stato Allegri sarebbe stato l’omicidio perfetto. E i 91 punti (gridano i pochi sarristi rimasti vivi)? E noi a loro: “In quale bacheca, in quale museo, in quale galleria sportiva vedremo mai l’ostensione sacra dei 91 punti?” Nessuna.
Il bel gioco solo per ricordare nostalgicamente, il bel gioco dei vecchi filmati di youtube che parlano del più bel calcio d’Europa serviva solo a nutrire illusioni irrealistiche, ovvero l’incapacità di vincere trofei. Necco avrebbe detto: “Maccarun acopp, parmigian a’ sott”. Fortunatamente Gattuso, con questa vittoria figlia del sudore, dell’applicazione, del sacrificio, ci ha portato calcisticamente dall’adolescenza puerile alla maturità. Ora possiamo guardare al futuro con più serenità. Il sarrismo a Napoli è definitivamente morto.
Marco Cesario ilnapolista © riproduzione riservata