Trump lo attaccò pesantemente. L’ex numero due della comunicazione, oggi alla Cnn, dice: «Ingaggiarlo era un rischio, i club avrebbero perso il 20% degli abbonati»
Il gesto antirazzista con un ginocchio a terra fu coniato da Colin Kaepernick nella stagione 2016. Era un giocatore di football americano, quarterback dei San Francisco 49ers. Un giorno, non si alzò più per l’inno americano prima delle partite. Rimase con un ginocchio a terra per protesta contro le violenze nei confronti dei neri. I 49ers rescissero il contratto e lui non trovò più una squadra. Anche se non venne abbandonato dalla Nike, anzi, con cui diede vita a una campagna che divise gli americani. Negli Stati Uniti è diventato un simbolo della lotta al razzismo. Non solo in questi giorni, dopo l’uccisione di Floyd,
All’epoca Trump fu molto duro con Kaepernick e gli altri giocatori che lo seguirono. Voleva che non fossero più pagati, li additò pubblicamente, definì loro figli di puttana che avevano mancato di rispetto all’inno nazionale.
Lewis Hamilton pensò di aderire alla protesta inginocchiandosi prima della partenza del Gran Premio degli Stati Uniti per poi ritirarsi. La Mercedes riuscì a dissuaderlo.
Oggi il Mundo Deportivo riporta l’ammissione ufficiale di un ex dirigente della Nfl, le dichiarazioni dell’ex vice capo della comunicazione della Nfl, Joe Lockhart che adesso è analista politico della CNN:
«I proprietari pensavano che la firma di Kaepernick fosse un male per il business. Un dirigente del team che voleva ingaggiarlo mi disse che se lo avessero fatto, avrebbero dovuto mettere in conto di perdere il 20% degli abbonati. Era un rischio commerciale che nessuna squadra era disposta ad assumersi, sia che il proprietario fosse un sostenitore di Trump o un liberal. Era un rischio di immagine troppo alto».