Il racconto del Giornale. Ai Mondiali del 74 segnò il gol vittoria contro la Germania Ovest, tra le maledizioni dei suoi amici. Il regime ne fece un eroe fin quando non scavalcò il muro

Segnò un gol politico, e poi scavalcò il muro un attimo prima che il muro cadesse. Il fatto è che a Jurgen Sparwasser di politica importava zero ma a 19 anni divenne, suo malgrado, un simbolo della Germania Est. Un gol nella storica sfida contro la Germania Ovest, al Mondiale del 1974. “Se sulla lapide al posto del mio nome scrivessero Amburgo 1974, tutti capirebbero chi vi giace”, dice.
Il Giornale racconta la sua storia al limite tra sport e politica, un mondo che non esiste più. Racconta dei calciatori che saltavano da una Germania all’altra rischiando la vita: Lutz Eigendorf della Dynamo Berlino la squadra della Stasi, Michael Poliwka centrocampista del Karl Zeiss Jena, il terzino Norbert Nachtweich e il portiere Jurgen Pahl dell’under 21, Frank Lippman della Dynamo Dresda, Jorg Berger dello staff tecnico della nazionale, Gerd Weher, Matthias Muller e Peter Kotte “scoperti ancora prima di provarci, imprigionati e radiati per sempre anche dal calcio amatoriale.
E poi c’è lui, Jurgen Sparwasser “che a 19 viene convocato nella juniores della Ddr e che, prima di quel Mondiale del’ 74 organizzato dalla Germania Ovest, ha già vinto due campionati e due Coppe nazionali con uno strepitoso successo in Coppa delle Coppe col Magdemburgo in finale contro il Milan. Giusto per zittire le voci dell’operaio che ha vissuto un unico giorno di gloria sfruttando un pallone vagante, peraltro mentre Berti Vogts gli morde il collo e Sepp Maier lo sta travolgendo con un frontale devastante”, scrive il Giornale.
“Alla viglia della partita con la Germania Ovest ci trattavano come dei vagabondi, dicevano che la maggior parte di noi era arrivata al calcio come scarto di altre discipline e la stampa scriveva che eravamo un manipolo di mestieranti di buona volontà che puntavamo tutto sul catenaccio, nessuna tattica”.
Al mondiale del 1974 nello stesso girone capitano le due Germanie che si sfidano solo per il primo posto, sono già qualificate. “Il 22 giugno allo Volkparkstadium di Amburgo la Germania Est vince con un gol di Jurgen Sparwasser al 32’ della ripresa e rientra subito a Berlino Est nel timore che si concretizzino le minacce di un clamoroso attentato del gruppo terroristico Baader Meinhof. Sparwasser raccoglie un centro da destra di Hamann, controlla tra petto e faccia, taglia fuori marcatore e intera difesa e mette in buca, un’umiliazione per l’Occidente capitalista, Beckenbauer parla di Waterloo”.
Per la Germania dell’Est è una vittoria simbolica. Per Sparwasser è una dannazione:
“Subito dopo il mio gol, un mio amico prese a calci il televisore fra gioia e rabbia perché sapeva che il partito avrebbe usato quella rete. In molti speravano che ci facessero 5 o 6 gol, sorsero cattiverie non solo contro di me, ma contro tutti i miei compagni, racconta Sparwasser per il regime eroe immortale e fulgido esempio del socialismo reale”.
E così resta fin quando sua figlia fa richiesta di espatrio per abbandonare la Ddr. A quel punto crolla tutto. “L’11 gennaio 1988 l’agenzia Allgemeiner Deutscher Nachrichtendienst batte una nota: le forze antisportive hanno approfittato della presenza di una formazione di vecchie glorie del Magdeburgo a Saarbrücken per sottrarre Jurgen Sparwasser il quale ha tradito la sua squadra”.
Sparwasser – l’uomo di Amburgo 1974 – ha scavalcato il muro pochi mesi prima che il muro cada. Lo stesso muro che con un suo gol aveva contribuito a tenere ben saldo, tra le maledizioni della sua gente.