La sua sperimentazione non può e non deve creare una squadra su due livelli. Deve lavorare per creare nuove sinergie oltre a quelle storiche
Un’esercitazione sul possesso palla
Bologna-Napoli è stata la prima partita, da settimane a questa parte, in cui la squadra azzurra ha mostrato di non aver compiuto dei passi in avanti a livello tattico. Persino la sfida contro l’Atalanta, l’unica persa nelle ultime 14 in tutte le competizioni, aveva dato dei segnali chiari rispetto alle idee e allo stato d’avanzamento del progetto di Gattuso. Ieri, invece, si è vista una squadra prima troppo sorniona, poi stanca, e infine amorfa, demotivata. Nel postpartita, il tecnico del Napoli si è detto deluso proprio da questo atteggiamento, manifestatosi chiaramente nel secondo tempo della partita del Dall’Ara. Quando, cioè, il Bologna ha fatto valere le proprie doti – brillantezza atletica ed entusiasmo, su tutte – mentre il Napoli provava solo a risalire il campo forzando il possesso. Come se la partita fosse un’esercitazione su questo aspetto del gioco.
Anche nel primo tempo, in realtà, il Napoli ha giocato in questo modo. In pratica, ha cercato di portare a casa il risultato volgendo a proprio favore la grande aggressività del Bologna. La squadra di Mihajlovic, come ha spiegato lo stesso allenatore serbo nel postpartita, «non può fare altro che andare in avanti». Cioè, deve necessariamente aggredire l’avversario. L’idea di Gattuso è stata quella di sfruttare questo atteggiamento esasperando la costruzione dal basso, così da “chiamare” il pressing dell’avversario. Che, come si evince chiaramente dalla grafica e dal frame appena sotto, è stato molto accentuato – com’era prevedibile, del resto.
In alto, i dati sul baricentro della Lega Serie A: il Bologna si è posizionato in una zona più avanzata rispetto al Napoli in fase attiva e in fase passiva. In basso, un momento di pressing del Bologna su azione da dietro statica; Palacio va a infastidire i due centrali; Soriano segue praticamente a uomo Demme; i due esterni d’attacco, Skov Olsen e Barrow, guardano da vicino i terzini azzurri.
Al netto del turnover, anche le scelte di formazione vanno lette in relazione a questo aspetto. Inserendo Elmas e Lozano al posto di Fabián Ruiz e Insigne, Gattuso voleva cercare di colpire il Bologna negli spazi che si sarebbero aperti alle spalle della prima linea di pressione. La scelta di schierare Demme davanti alla difesa voleva rendere più rapida la trasmissione del pallone dopo il primo appoggio del portiere, soprattutto verso destra. Il tedesco, differentemente da quanto capitato al suo omologo Lobotka contro il Milan, è stato il centrocampista che ha giocato più palloni tra quelli azzurri: 73.
La fascia destra, si diceva. È quella dove ha agito il giocatore più creativo – parliamo di Politano, che non a caso ha giocato 43 volte il pallone, più di Elmas (38) – e infatti è stata quella più utilizzata dal Napoli per costruire l’azione (il 40% delle manovre si è originato da quella parte, secondo Whoscored). Al centro, Milik arretrava per legare con il centrocampo, mentre Lozano era deputato ad attaccare gli spazi alle spalle dei difensori del Bologna. Anche la decisione di schierare Hysaj a sinistra è stata un segnale delle intenzioni di Gattuso: l’albanese, molto meno offensivo rispetto a Mario Rui, doveva coprire le spalle a questi movimenti di Lozano. Che, come si vede dalle grafiche in basso, ha agito più da punta esterna che da laterale d’attacco.
In alto, ci sono le posizioni medie dei giocatori del Napoli: Lozano si è mosso in una zona molto più centrale rispetto a Politano, molto vicino a Milik. Sopra, tutti i tocchi di palla del messicano: al netto dei possessi nella trequarti difensiva, l’ex del Psv ha svariato molto sul fronte offensivo, come se fosse una seconda punta a tutti gli effetti.
In alcuni segmenti del primo tempo, come detto, il Napoli è riuscito ad attuare il suo piano partita, a controllare il gioco basandosi sulla costruzione arretrata. Non a caso, il dato sul possesso palla all’intervallo era nettamente favorevole alla squadra di Gattuso (55% contro il 45% del Bologna). I dati, però, dicono che questa strategia ha avuto effetti contraddittori: il Napoli ha tenuto bene in difesa (4 conclusioni concesse al Bologna, di cui 2 respinte dai difensori), ma non è riuscito a far progredire la sua manovra in avanti, con appena 6 conclusioni tentate – di cui 2 da calcio d’angolo e una respinta dal difensori di Mihajlovic. Se queste statistiche non bastano, ci sono quelle sui passaggi: nei primi 45′ di gioco, solo 53 appoggi su 297 sono stati indirizzati nell’ultimo terzo di campo. Stesse proporzioni a fine gara: 110 su 525.
In apertura abbiamo scritto che il Napoli è stato sornione. Cioè, ha cercato di sfruttare a proprio vantaggio l’atteggiamento dell’avversario e di portare a casa il risultato con uno sforzo minimo. La prima parte di questo piano è anche riuscita, se vogliamo: dopo sei minuti, gli azzurri erano in vantaggio. Dopo, però si è visto davvero poco oltre questo possesso palla di cui abbiamo parlato. Il giocatore più intraprendente è stato Lozano, ma poche volte il Napoli è riuscito ad azionarlo assecondandone le qualità – cioè servendolo in campo aperto. Più spesso gli uomini di Gattuso sono riusciti a uscire bene da dietro, ma poi non hanno saputo fare molto di più. Non a caso, solo 6 occasioni totali sono arrivate su azione manovrata. Troppo poco per vincere contro un avversario motivato e con una chiara identità di gioco.
Una squadra stanca (a differenza del Bologna)
Un altro aspetto sfiorato da Gattuso nelle interviste del postpartita del Dall’Ara è quello della stanchezza. O meglio: con la sua (classica) dichiarazione di stampo emotivo, l’allenatore del Napoli ha detto che la sua squadra «non ha voluto fare fatica», ma ha anche spiegato che «qualcuno potrebbe essere stanco, anche se ne abbiamo cambiati tanti». Rispetto al match contro il Milan, in effetti, la formazione iniziale vista al Dall’Ara era differente per sette elementi. Ma è vero anche che il calcio che ha in mente Gattuso, e che fa praticare al suo Napoli, è fisicamente molto ambizioso. E allora non è facile tenere sempre alto il rendimento atletico, soprattutto in fase difensiva.
In partite come quella contro il Bologna, in cui il Napoli coltiva l’ambizione di bloccare sul nascere l’azione avversaria, può anche succedere che il primo pressing non porti frutti. E allora il sistema difensivo implementato da Gattuso prevede che i suoi uomini rinculino a proteggere gli spazi, senza schiacciarsi troppo in area ma cercando di rimanere dietro la linea della palla. Una differenza sostanziale con altri approcci, che tendono ad accorciare il campo difensivo attraverso un baricentro sempre molto alto, in tutte le fasi di gioco.
Come cambia l’atteggiamento del Napoli in 35 secondi
Nei due frame sopra, vediamo una di queste migrazioni difensive lunghe: in 35 secondi, il Napoli è passato da avere cinque uomini nella metà campo avversaria, tra l’altro impegnati nel pressing sui portatori di palla avversari, ad avere dieci elementi dietro la linea della palla. E tutti i giocatori di movimento nella propria trequarti campo.
Questi 35 secondi non sono un tempo eccessivamente breve per coprire questa distanza, né tantomeno si tratta di una richiesta tattica fuori dal mondo. Ma se questa dinamica viene dilatata in una partita – ed è così, con il Napoli – esiste il rischio che i giocatori possano perdere energia. Anzi, più che un rischio è una certezza. In queste condizioni, una squadra avversaria fisicamente esuberante come il Bologna può diventare più fastidiosa di quanto non permettano, o promettano, le sue qualità tecniche.
Questa cosa può avvenire soprattutto se, come è successo ieri al Dall’Ara, il Napoli non dovesse riuscire a essere performante in attacco. Oppure se, e anche questo è successo ieri, le sostituzioni non danno una scossa alla squadra. Fabián Ruiz, Mertens, Insigne e Callejón sono stati impalpabili, o meglio si sono adattati all’andamento della partita – cioè si sono abbassati molto per far uscire il pallone dalla metà campo difensiva. Certo, Gattuso può – e deve – dire che «far risalire una prestazione così all’assenza di motivazioni significa accampare scuse». Ma è vero anche che non è fuori dal mondo approcciare così una gara senza riscontro reale sulla classifica, sul futuro del Napoli. Per chi si sente “riserva” come per chi resta fuori e poi entra sentendosi comunque “titolare”.
Conclusioni
In realtà, Gattuso deve partire proprio dal ribaltamento di quest’ultimo punto. La ricerca di alternative all’interno della rosa – Lozano, Elmas e i vari cambi effettuati ieri – è un suo dovere, ma da parte sua deve esserci anche la volontà di mischiare le carte. È una scelta politica, prima che tattica: la sua sperimentazione, soprattutto a questo punto della stagione, con il Barcellona e il calciomercato ormai all’orizzonte, non può e non deve creare una squadra su due livelli, con i titolari da una parte e le alternative dall’altra. Ieri, il Napoli era troppo diverso da sé, dalla sua versione “premium”, per poter avere dei meccanismi offensivi efficaci. E allora si è rifugiato nella dinamica che conosce meglio: giocare il pallone dal basso.
Sappiamo questa squadra cosa può e sa fare con Mertens, Callejón e Insigne, con Fabián Ruiz e Zielinski. Sappiamo anche che l’esistenza di gerarchie è un fatto inevitabile, in una rosa calcistica di 25 e più elementi. Ma se Gattuso, in vista del futuro, sta lavorando su una squadra che possa attaccare in modi diversi – l’abbiamo visto, e bene, contro il Milan –, deve anche pensare a integrare giocatori con diverse caratteristiche. A creare nuove sinergie, oltre quelle storiche.
In questo momento, il Napoli ha un sistema difensivo efficace, anche se dispendioso e articolato, e una buona capacità di costruire il gioco dal basso. In avanti, però, dipende – anzi: non può prescindere – dalle qualità di alcuni dei suoi uomini migliori. Ieri, contro il Bologna, si è sentita forte l’assenza di una fase offensiva che potesse andare oltre certe dinamiche. Oltre certi nomi. Proprio perché le idee di Gattuso sono davvero interessanti, è necessario che si sviluppino per il futuro del Napoli. E il futuro del Napoli è fatto dai suoi giocatori più importanti e rappresentativi, ma anche di altri elementi validi che ci sono già. E che arriveranno.