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Il figlio del progettista del Morandi: «Anche mio padre vittima del ponte. Bastava fare le ispezioni»

Al CorSera. «Bastava non essere sciatti. Mio padre aveva denunciato l’esigenza di fare manutenzione. Gettare la responsabilità addosso a un uomo che era morto da trent’anni era la strada più facile»

Il figlio del progettista del Morandi: «Anche mio padre vittima del ponte. Bastava fare le ispezioni»

Il Corriere della Sera intervista Maurizio Morandi, figlio di Riccardo Morandi, il progettista del primo Ponte Morandi, crollato il 14 agosto 2018 trascinando con sé 43 vittime. Ha 80 anni, eppure si è ritrovato, all’improvviso a dover difendere la memoria del padre, morto trent’anni fa.

«Anche mio padre è stato una vittima del ponte».

All’inizio, racconta, sono stati in tanti a tentare di demolire il progetto del ponte descrivendo suo padre come un “pasticcione”.

«Dire che era stato sbagliato tutto fin dall’inizio era la strada più facile, perché si gettava la responsabilità addosso a un uomo che era morto da trent’anni e non poteva più rispondere».

E’ riuscito a difendere l’onore del padre, in questi due anni, ma forse solo tra gli addetti ai lavori.

«Nel mio piccolo mondo di studiosi e ingegneri, forse sì. Non per merito mio. Ci sono state alcune belle iniziative da parte di tecnici, progettisti, architetti. Ma noi viviamo in una bolla, come tutti. Non mi faccio illusioni. Fuori, questo marchio di infamia persiste, malgrado sia stato chiarito che il progettista non aveva alcuna responsabilità».

Non sono certo i ponti strallati il problema, dichiara.

«Per carità. Nel mondo ce ne sono migliaia, fatti in quel modo. Bastava fare le ispezioni. Bastava non essere sciatti. Mio padre aveva denunciato più volte l’esigenza di fare manutenzione sul“suo” ponte».

Ricorda il giorno del crollo.

«Mi chiamò mio figlio, dicendomi che era crollato il Polcevera. Sa, noi non lo abbiamo mai chiamato il Morandi. Il senso di incredulità mi rimase addosso per giorni. Oltre a quello perle vittime, c’è stato anche un dolore più privato. La perdita di un gioiello di famiglia. Era il ponte che papà amava di più. Ne eravamo tutti orgogliosi».

La vicenda del viadotto sul Polcevera dovrebbe insegnarci qualcosa, conclude.

«Non siamo stati capaci di difendere le opere di ingegno fatte nell’Italia della ricostruzione, della quale il ponte Morandi era un simbolo. Se il nuovo ponte segna l’inizio di un’altra epoca, allora ricordiamoci di averne cura anche dopo, quando si saranno spente le luci della ribalta»

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