L’allenatore sta costruendo una squadra sul capitano. Con l’Atalanta è andata male, con la Roma bene. Bisogna esplorare nuovi territori, per il bene del Napoli e di Insigne
Una vittoria totale
Il Napoli di Gattuso ha risposto bene alla sconfitta di Bergamo. La Roma di Fonseca, seppure non sia una squadra paragonabile – almeno in questo momento – all’Atalanta di Gasperini per qualità dei giocatori, condizione fisica e mentale, è stata battuta in maniera netta. I giallorossi si sono presentati al San Paolo in una veste inedita, eppure i giocatori azzurri non si sono fatti sorprendere. Anzi, hanno vinto la partita dal punto di vista tattico, tecnico, psicologico. Soprattutto, hanno dimostrato di essere dentro il progetto del loro allenatore, credono in quello che fanno, quindi sanno cosa devono fare in campo. È il segnale migliore in vista del finale di stagione, ma soprattutto per l’anno che verrà.
Come detto, Fonseca ha disegnato una Roma mai vista prima in questa stagione: tre difensori centrali (Mancini, Smalling e Ibañez); due esterni a tutta fascia (Zappacosta e Spinazzola); Veretout vertice basso di un triangolo di centrocampo completato da Mkhitarian e Pellegrini; attacco a due con Dzeko e Kluivert. Insomma, un 3-5-2 classico che diventava 5-3-2 in fase difensiva.
Le posizioni medie della Roma nel primo tempo, secondo il sito della Lega Serie A: a sinistra, il 3-5-2 dei giallorossi in fase attiva; a destra, il 3-5-2 della squadra di Fonseca in fase passiva
L’idea di Fonseca, forse anche per spezzare il brutto andamento delle ultime partite, era quella di dare maggiore sicurezza alla difesa, soprattutto nel momento più delicato: la transizione negativa, ovvero il passaggio dell’azione da offensiva a difensiva. Con un uomo in più dietro la linea della palla, i giallorossi avrebbero potuto/dovuto provare a risalire il campo utilizzando il solito possesso, ma in caso di riconquista da parte del Napoli non ci sarebbero state le praterie di campo libero viste contro Milan e Udinese.
Il Napoli, invece, è sceso in campo senza cambiare nulla nel sistema di gioco e negli incastri della formazione iniziale. Questo discorso, però, non vale per l’atteggiamento, soprattutto per quanto riguarda l’intensità del pressing in alcuni momenti della partita. A Bergamo, il Napoli era stato asfissiato fin da subito dagli avversari. Contro la Roma abbiamo visto quanto avvenuto in altre occasioni, per esempio la gara di Verona: la squadra di Gattuso ha saputo alternare due tipi di approccio difensivo. In seguito ad alcune azioni da parte della Roma, tutti i giocatori del Napoli diventavano estremamente aggressivi sugli uomini e negli spazi; in altre fasi, invece, gli azzurri sono stati più accorti, più compatti nella propria metà campo.
Due frame molto diversi. In alto, vediamo l’alta pressione del Napoli su un’azione impostata da dietro da parte della Roma; in basso, invece, la Roma costruisce sempre con i difensori, ma il Napoli fa un pressing molto meno aggressivo, si dispone più indietro sul campo.
Cosa ha segnato la differenza? O meglio: in quali occasioni il Napoli ha alzato l’intensità della propria fase difensiva? Ritorniamo sempre a un discorso di cui abbiamo scritto nelle ultime analisi: i trigger del pressing. Gattuso ha in mente una squadra che sappia alternare il proprio approccio, che scelga – in base all’avversario, al momento della partita, addirittura all’evoluzione di ogni singola azione – come comportarsi sul campo. Ieri sera, il “segnale” che faceva aumentare l’intensità del pressing erano i passaggi verso i terzini o dai terzi di difesa verso Pau López, e/o dal portiere spagnolo verso i terzini e i terzi di difesa.
In quel momento, come si vede nel fermo immagine in alto, la squadra di Gattuso portava molti uomini nella metà campo difensiva avversaria, così da comprimere gli spazi per la costruzione della manovra. Quando invece la Roma è riuscita a superare la prima linea, oppure a impostare in maniera più lineare, per esempio passando velocemente dai centrali a Veretout, il Napoli rinculava in difesa. E pensava a difendere occupando il campo, piuttosto che ambendo a ridurre quello della Roma.
Questo atteggiamento multiplo si “legge” anche nei dati. Ieri sera, il baricentro della squadra di Gattuso in fase di non possesso è stato posto all’altezza dei 46 metri. Per chiarire le differenze: nella gara di campionato contro la Juventus, gli azzurri tennero a 40 metri il baricentro in fase di non possesso. Sei metri che fanno un’enorme differenza. E infatti allora la partita del Napoli fu essenzialmente difensiva, la fase attiva era organizzata a folate. Ieri sera, invece, il Napoli aveva l’intenzione e la possibilità di schiacciare – quando e per quanto possibile – i propri avversari, partendo da una fase passiva più intensa e aggressiva. Un tentativo riuscito spesso, considerando anche il dato finale del possesso: 60% per gli azzurri, 40% per la Roma.
Il Napoli di Insigne (e tutto quello che ne discende)
In fase offensiva, il Napoli ha fatto una scelta chiara: affidarsi a Lorenzo Insigne. Sia nelle azioni più costruite che nelle manovre più verticali, la squadra azzurra si è appoggiata soprattutto dal suo lato. Uno sguardo veloce ai dati: 46% della mole di gioco costruito sulla corsia mancina; Mario Rui primo elemento in campo per palloni giocati (117); Zielinski primo tra i centrocampisti del Napoli per palloni giocati (82) e primo tra i giocatori azzurri per numero di tiri verso la porta avversaria (5 tentativi). Se non bastano queste evidenze, basta riguardare l’azione del primo gol per capire cosa intendiamo.
Il possesso viene spostato velocemente da destra a sinistra, così che il triangolo Insigne-Mario Rui-Zielinski si trovi in parità numerica con i difendenti della Roma. Il possesso e i movimenti coordinati dei tre giocatori di Gattuso sono perfetti, si libera lo spazio per il cross del terzino portoghese. Il perfetto inserimento di Callejón alle spalle dei centrali della Roma fa il resto.
Insigne ha lavorato come in questa azione per tutta la partita. Ha tessuto il gioco scambiando continuamente con i giocatori che si associavano dal suo lato, e inoltre questi suoi passaggi sono stati davvero molto precisi (percentuale di accuratezza del 90%, un dato superiore a tutti i suoi compagni meno i difensori centrali e Milik, che però ha servito solo 8 appoggi). Poi c’è stato lo splendido gol a dieci minuti dalla fine, che ha deciso la partita.
La cosa più significativa della partita di Insigne, però, è la serie di dinamiche che discendono a cascata dal fatto che Gattuso ha deciso di affidare a lui gran parte delle responsabilità creative. Per esempio, i movimenti e la centralità offensiva di Zielinski. Abbiamo già detto sopra dei 5 tiri del centrocampista polacco, ora parliamo del fatto che è stato utilizzato come apriscatole della difesa romanista. In molti momenti della partita, infatti, il Napoli ha cercato di costruire gioco sulla sinistra e Zielinski si è inserito dietro le linee avversarie. Un modo per creare occasioni da gol – come in apertura di partita, quando è stato pescato a tu per tu con Pau López da Mario Rui –, ma anche per aprire gli spazi alla rifinitura e/o alle conclusioni di Insigne, agli inserimenti dei compagni dall’altro lato del campo, per togliere uno dei difensori dalle marcature a centro area.
Tutti i palloni giocati da Zielinski. In questo campetto, il Napoli attacca da sinistra verso destra.
Come detto in apertura, e in virtù di tutto questo, il Napoli ha risposto bene alla sconfitta di Bergamo. Poche ore fa, su questo sito scrivevamo delle difficoltà degli azzurri nel gestire la sfida con un avversario di qualità simile, ovviamente al netto degli errori. Contro la squadra di Gasperini, infatti, la squadra di Gattuso non si era scoperta molto, ma non era stata pericolosa – se non in pochissime occasioni. Allo stesso modo, avevamo sottolineato come i bergamaschi abbiano dei giocatori e un sistema che sembra fatto apposta per mettere in difficoltà gli uomini di Gattuso, soprattutto quelli del reparto offensivo. La Roma ha caratteristiche diverse, gioca in maniera diversa, e infatti il Napoli è riuscito a mostrare più facilmente le sue qualità. Soprattutto in avanti.
Conclusioni
Se la gara con i giallorossi ha dunque cancellato alcuni dubbi, va anche detto che ne ha alimentati di altri. Per dirla semplice: abbiamo visto un Napoli fondato sul gioco e sulle caratteristiche di Lorenzo Insigne. Che, a differenza della gara di Bergamo, ha offerto una buona prestazione. Tutta la squadra se ne è giovata, e infatti il computo numerico delle occasioni create (21 conclusioni verso la porta, 10 nello specchio più il palo di Milik) e concesse (9 tiri totali della Roma, di cui 3 in porta) è molto positivo.
Il punto, però, è capire come andare oltre. Oltre Insigne, oltre certi meccanismi che funzionano quando il capitano del Napoli è ispirato, è in forma. Dopo l’approccio negativo delle prime settimane, Gattuso ha costruito una fase passiva efficace, fondata sulla compattezza. Poi, con il tempo, ha dato vita a un Napoli vario, non ideologico in difesa – come abbiamo visto anche contro la Roma – e sempre portato a giocare il pallone in maniera sofisticata in fase offensiva. In avanti, le migliori esibizioni degli azzurri sono coincise con quelle di Insigne, ma lo stesso discorso vale anche all’inverso, per le partite no.
Perciò il compito del tecnico del Napoli, in questo finale di campionato senza obiettivi, deve esplorare dei territori che rendano la sua squadra più indipendente dalle lune del suo capitano. È un discorso di uomini ma anche di dinamiche tecniche ed emotive. Perché Insigne è una risorsa importante, ma non tutto può e deve passar da lui. Per il bene del Napoli di Gattuso, ma anche per lui.