ilNapolista

Quante parolacce dicono i giocatori di baseball. Le tv Usa non sanno come fare

Senza pubblico, si sente tutto, troppo. «Lavoriamo nell’intrattenimento e non voglio allontanare ascoltatori». È un problema anche per i segreti delle squadre

Quante parolacce dicono i giocatori di baseball. Le tv Usa non sanno come fare

Quando Mihajlovic e Gasperini se ne sono detti di tutti i colori nel silenzio dello stadio a porte chiuse, il telecronista di Sky ha chiesto silenzio e attenzione: “Sentiamo che dicono!”. Ed effettivamente ne valeva la pena. Il voyeurismo audio da noi è un di più, uno dei pochi vantaggi del calcio senza pubblico. Invece negli Stati Uniti, molto più attenti a questo tipo di cose – almeno in apparenza – la volgarità degli atleti sta diventando un problema. Hanno scoperto, per esempio, che i giocatori di baseball in campo si dicono le peggio cose. Solo che prima le sentivano in pochi, coperte dal rumore della folla. Ora invece vanno in diretta nazionale, e spesso i commentatori sorpresi da imprecazioni e bestemmie varie sono costretti semplicemente a scusarsi, un po’ impacciati.

E’ un fenomeno nuovo per loro, che racconta il New York Times. I club per esempio cominciano a farci attenzione, e gli stessi allenatori e giocatori stanno provando a modificare i comportamenti in panchina.

Jack Hicks, un tecnico audio veterano della radio dei Washington Nationals, dice che se le persone in campo parlano vicino a uno dei microfoni direzionati verso “casa base” e destinati a raccogliere il “crack” della mazza quando colpisce la pallina (il suono per eccellenza per i fanatici del baseball), lui passa a un altro microfono, o lo abbassa per evitare la messa in onda di conversazioni private o non filtrate. In situazioni in cui potrebbero esserci un sacco di parolacce, dice Hicks, lo studio può ritardare di alcuni secondi la trasmissione per porre un freno alla volgarità. Non vuole che i tifosi, specialmente i bambini, sentano inavvertitamente qualcosa di inappropriato. “Lavoriamo nell’intrattenimento e non voglio allontanare ascoltatori”, ha detto. Ma nonostante i suoi migliori sforzi, Hicks dice che a volte può essere impossibile evitare di mandare in onda un giocatore che urla oscenità, in particolare nel punto peggiore possibile, proprio di fronte a un microfono. Ha detto di possedere come una reliquia una bobina di 15 anni di volgarità registrate.

Tyler Glasnow, un lanciatore dei Tampa Bay, ammette di dire parolacce durante le partite. E anche se sa che i microfoni lo ascoltano non può fare a meno di essere se stesso:

“Lo faccio, per quanto possa sembrare negativo. Devi concentrarti su quello che devi fare, specialmente quando lanci. Non fai attenzione a quello che dici”.

Ma non è solo una questione di buona educazione, questa sorta di grande orecchio che imperversa da quando gli stadi sono vuoti pone anche problemi strategici. Gio Urshela, il miglior terza base degli Yankees dice che i giocatori e gli allenatori stanno cercando di essere più consapevoli di ciò che dicono – non solo parolacce – perché gli avversari possono sentirli, riescono a sentire cosa ci si dice in panchina o le strategie in campo. Coprirsi la bocca per impedire la lettura del labiale non basta più. Anche perché per quello ora ci sono le mascherine…

ilnapolista © riproduzione riservata