Il Mattino intervista la madre di Livia Barbato, morta in un incidente dopo cinque chilometri contromano in tangenziale. Guidava il fidanzato: «Lo conoscevo bene, mi sentivo tranquilla. Invece sbagliavo»

Il Mattino intervista Angela Buanne, la madre di Livia Barbato, la ragazza che cinque anni fa, tornando da una discoteca di Pozzuoli in compagnia del fidanzato Nello, perse la vita in tangenziale. La Renault Clio su cui viaggiavano i due giovani, guidata dal fidanzato in preda ai fumi dell’alcol, viaggiò per 5 chilometri controsenso in tangenziale. Fino a quando non andò a schiantarsi contro un’altra auto. Provocando la morte della ragazza e del conducente della seconda autovettura. Livia avrebbe compiuto 27 anni il prossimo 10 agosto.
Da quando ha perso sua figlia, Angela non fa che lanciare appelli ai giovani contro l’uso dell’alcol. Dice che è «l’unico modo per dare un senso al mio dolore», per non impazzire.
«Non bevete, e non fidatevi nemmeno del vostro fidanzato: l’alcol non guarda in faccia a nessuno”. Ecco, questo è diventato il mio secondo lavoro: mettere in guardia i giovani, raccontare loro la storia di mia figlia, provare a fargli capire che basta un attimo per finire male».
L’unico suo obiettivo è che storie come quella di Livia non accadano mai più.
«Andando nelle scuole, lavorando con le associazioni come “31 Salvatutti” che si occupano di fare prevenzione sui rischi da alcol e droga. Ai ragazzi bisogna raccontare storie vere, solo sentendomi parlare capiscono sul serio quanto possa soffrire un genitore per la morte di un figlio. Spesso si commuovono anche e poi mi scrivono messaggi affettuosissimi. Con alcuni ho stabilito veri e propri rapporti di amicizia. Nelle ragazze mi sembra di rivedere Livia: stesse trecce, stessi orecchini, il modo di parlare… i giovani sono diventati la mia forza».
La storia di Livia e le carte processuali sono raccontate in un libro firmato dal giornalista Luca Maurelli. La signora Angela ne parla.
«“Viaggio al centro della notte”. Subito dopo l’incidente ho avuto la fortuna di incontrare un giornalista, Luca Maurelli, abbiamo lavorato insieme per un anno, tra indagini e riflessioni. Un impegno che mi ha aiutato a tirar fuori tutto il mio dolore».
Non solo un viaggio nella vita di Livia.
«Il libro si addentra nelle coscienze e nelle incoscienze giovanili, negli sballi, nelle sfide, nei rischi e nelle stragi del sabato sera che lasciano sul campo vittime, feriti e vite distrutte. Temi su cui, anche con Luca, abbiamo discusso nelle scuole, confrontandoci con gli studenti, partendo dal racconto della fine di Livia e dell’uomo alla guida dell’auto contro la quale si schiantarono».
Livia non era con uno sconosciuto, ma con il suo fidanzato.
«Livia era fidanzata con quel ragazzo da due anni, lo conoscevo bene, mi sentivo tranquilla. Invece sbagliavo. Lo dicono i medici: quando si comincia a bere da piccoli, si bruciano i neuroni, a un certo punto ti parte il cervello, ed è ciò che è accaduto a lui quella notte».