Intervista alla Faz di Uli Hoeness: “E’ rimasto il mio sogno. Quel tipo di giocatore non esiste più. I bambini non giocano in strada e non imparano a dribblare”
Uli Hoeness, campione d’Europa, campione del Mondo, ex attaccante, ex-ex Presidente del Bayern Monaco, aveva un sogno: prendere Maradona, portarlo in Baviera. E’ una delle poche cose che non gli sono riuscite nella vita. Tutta passata appresso al pallone che rotola, “che sarà sempre più veloce dell’uomo che lo insegue”.
In una lunga intervista al Frankfurter Allgemeine, Hoeness ne racconta alcuni spezzoni, ma soprattutto ragiona del presente e futuro del calcio, dalla prospettiva di uno che ha già visto tutto, anche quel che sarà. Compreso ciò che non è stato: Maradona.
“Sono un grande amico di Maradona. Ho visto la Coppa del Mondo del 1986 in Messico come spettatore. Ha vinto quel campionato del mondo da solo. Non ho mai visto un giocatore fare una squadra come Diego Maradona. Lo conobbi personalmente e mi resi conto che Diego è un ragazzo super gentile. Per un po’ è stato il mio sogno da manager: avere Maradona a Monaco. Ma non è stato possibile. Ci abbiamo giocato contro nella semifinale della Coppa Uefa del 1989. Avevamo perso l’andata a Napoli e Klaus Augenthaler si riferiva a Maradona come “Maratonna”. Fu semplicemente fantastico, ci distrusse. Lo spettacolo iniziò durante il riscaldamento, quando palleggiava con quasi tutte le parti del corpo, sempre esattamente al ritmo della musica”.
Hoeness riflette sul perché quel tipo di giocatori siano diventati perle rarissime.
“Ho giocato a calcio per tutta la mia vita da ragazzo. Tornavo a casa da scuola, mangiavo in fretta e poi andavo nel cortile sul retro della nostra macelleria a giocare, tiravo contro le porte del garage fino a quando non faceva buio. A 13 anni mi comprai una nuova palla, bianca e nera, che costava 34 marchi ed era nella vetrina dello Sport Sohn a Neu-Ulm. Quello era il mio sogno. Durante le vacanze lavorai come garzone al negozio di alimentari Gaissmaier, fino a quando non non guadagnai abbastanza soldi, pee comprarla. Mi sentivo un re. Oggi non vedo quasi mai bambini che giocano a calcio per strada o al parco. Il calciatore cresciuto così dribbla. Il passaggio e lo stop te li insegnano a scuola calcio. Ma chi è cresciuto in strada prende la palla e dribbla. Quando i miei nipoti giocano qui in giardino, gli dico: dovete dribblare. Nel calcio di oggi c’è bisogno di giocatori così”.
Anche se la tecnica ormai è diventata un’appendice della velocità.
“Oggi devi essere molto veloce. Anche se sei tecnicamente superiore, non puoi essere lento. Persino uno come Robert Lewandowski non è lento”.
Hoeness parla anche del grosso problema della disparità finanziaria che sta uccidendo i campionati nazionali.
“Questo problema potrebbe essere risolto a livello internazionale solo se tutti i principali campionati distribuissero i loro soldi allo stesso modo. Il problema per il Bayern è che se doniamo denaro alla Bundesliga, rimarremo indietro rispetto a Liverpool, Barcellona o Real, che ne hanno già di più comunque. Da un lato, ci dovrebbe essere più competizione in campionato, dall’altro tutti si aspettano che il Bayern raggiunga le semifinali della Champions League almeno ogni anno. Con il G14, l’ex associazione dei maggiori club europei, una volta fu raggiunto un gentlemen’s agreement per non comprare i giocatori gli uni dagli altri. Alla sessione successiva, due dei più grandi club avevano portato via qualcosa dagli altri. E’ finito ancora prima che cominciasse”.
E la soluzione play-off. In Serie A ci sta lavorando De Laurentiis per “spezzare la continuità” della Juve.
“Che succede se i giocatori importanti magari si infortunano o vengono squalificati nel finale di campionato? Il titolo diventerebbe un’istantanea. Penso che i campioni dovrebbero essere quelli che sono stati i migliori per tutta la stagione. E non quello che potrebbe essere una situazione eccezionale a maggio”.