Se fai tre sport, paghi tre volte l’una tantum annuale (in realtà di 9 mesi) oltre ovviamente alle rate dei singoli sport. Il cliente avverte la sensazione di essere spennato. In cambio di manutenzione nulla
Gentilissimi amministratori e soci della Giano Srl, sono un iscritto al Collana fin da quando ha riaperto e ritengo utile sottoporvi alcune osservazioni, pubblicamente, non avendo purtroppo ricevuto finora alcun riscontro in privato.
Stamane, mentre correvo lungo la pista, mi è venuta improvvisamente in mente l’immagine di Oriana Fallaci che fuma nervosamente ai bordi del campo e si appunta un titolo: “Lettera a uno stadio mai nato”. Ma era solo una suggestione, un fantasma della mia mente spuntato tra rovi, mattoni e cespugli incolti del nostro amato impianto del Vomero. Vengo al punto.
Di ritorno a Napoli, dopo anni trascorsi a Roma avevo accolto con piacere la notizia della riapertura del Collana, stadio a cui sono legatissimo anche per motivi familiari (uno su tutti, mio padre, che ho perso la settimana scorsa, si vantava di aver marcato in questo stadio Jeppson da giovane promessa del Posillipo, tanti anni fa…).
Fin dall’inizio ho difeso l’affidamento alla Giano e la gestione “privatistica” dell’impianto, da chi – amici, politici, colleghi giornalisti e immancabile disfattisti napoletani, più caratteristici delle maschere di Pulcinella – chiedendo a tutti di credere nel vostro progetto ambizioso, al di là delle rovine infrastrutturali e delle normali disfunzioni iniziali. E avevo difeso, di conseguenza, anche le politiche tariffarie da chi, nel nome del potere al popolo, chiedeva di far allenare tutti gratis, magari nel caos e della sporcizia. E sottolineo: avevo.
Non avendo particolari problemi economici, le questioni che sollevo sono più di principio generale che personali. Sottolineo che ogni volta vengo ad allenarmi, piuttosto che portarla da casa, acquisto la bevanda al bar per contribuire agli sforzi di chi – persona educata e cortese con cui spesso mi intrattengo a parlare – ha investito sulla buvette trovandosi a fronteggiare il ciclone Covid. Nel mio piccolo, dunque, cerco di dare una mano alla causa generale anche degli imprenditori coraggiosi che investono sulla bellezza e sull’efficienza a Napoli.
Dopo aver assaggiato, amaramente, la mentalità burocratica che prima dell’estate, alla vigilia della partenza per le vacanze, impedì a mia figlia di 8 anni di partecipare alla sua ultima lezione di ginnastica artistica, perché il suo abbonamento era scaduto… da un giorno… (con suo pianto a dirotto e giuramento di non voler tornare più lì), oggi ho scoperto altre cose che considero incomprensibili.
A chi, come me, ha pagato la quota di iscrizione a febbraio per l’accesso al campo di atletica, saltando diversi mesi per il Covid, ritornando a giugno e proseguendo a settembre, dopo aver eliminato senza preavviso la quota morning, mi è stato nuovamente richiesto il pagamento dell’iscrizione. Per tre mesi di annualità, devo pagare nuovamente, a settembre, per un anno, che però non si sa se proseguirà per il Covid e in ogni caso scadrà il 31 di luglio.
Mai accaduto, in tutti gli impianti pubblici che ho frequentato, che l’abbonamento – come socio – non andasse in continuità dopo il pagamento della una tantum iniziale. Ma se anche non fosse così, non mi sembra una politica commerciale lungimirante punire chi avevate cercato di fidelizzare fin dall’inizio, prima, durante e dopo il Covid, e vi aveva dato fiducia, soprattutto se si considerano le incognite di un nuovo possibile, lockdown.
Quando poi ho saputo che avrei dovuto ripagare un’altra quota di iscrizione anche per altri corsi, nel mio caso lo yoga, confesso che sono rimasto pietrificato nell’hasana del muso di vacca, così come quando mi è stato spiegato che un ulteriore obolo viene chiesto per tutte le altre attività, peraltro svolte all’aperto sull’impianto per il quale io già pago l’accesso.
Dal momento che allo stupore deve far seguito la proposta, ho assunto la posizione yoga del Saggio di Morichi per proporre: ma pacchetti famiglia, sconti sul secondo, terzo corso, abbonamenti mamma-figlia, promozioni under o over? No? Chi vuole iscrivere se stesso, i propri figli, parenti, amici, amanti, deve fare necessariamente le pratiche per il mutuo o deve convergere sulla più economica – è quasi un paradosso – Virgin superlusso?
Sia sulla quota di iscrizione che sulle politiche commerciali e tariffarie date davvero l’impressione – come da accuse di quelli che io ho definito disfattisti pulcinelleschi – di non ragionare come servizio pubblico, come impianto pubblico, con oneri e onori, e questo per me – che credo nell’imprenditore privato “illuminato” – è un grave errore strategico. Il profitto è giusto, doveroso. Ma ora davvero iniziate a dare la sensazione di voler fare cassa il più possibile, in vista di una possibile chiusura, visto la mancata cura perfino dei particolari della manutenzione, tipo una tosatura di erba laterale, non solo nella zona “conferenza stampa”, la possibilità di utilizzare un armadietto con un lucchetto, magari pagando di più (qui senza obiezioni…), un sistema per la chiusura del bagno dello spogliatoio, in cui attualmente, per compiere “atti” impegnativi, bisogna restare aggrappati alla maniglia come su un windsurf, ed ancora, un attaccappanni da 10 euro vicino alle panche dove siamo costretti ad ammassare borse, abiti e bevande varie, in assenza di spogliatoi utilizzabili non ci starebbe male. Per non parlare del laghetto fetido che ad ogni pioggerellina si forma nel fossato della barriera fissa, che Harper Lee definirebbe “La melma oltre la siepe”, dove galleggiano palline da tennis mosce come pesci morti in un’opera pop di Damien Hirst.
Piccole cose, ma farebbero la differenza e giustificherebbero anche le richieste economiche, molto più di quella pubblicità 6×3 nella quale mostrate la pista di atletica con una meravigliosa pinetina sullo sfondo, a differenza dei ruderi delle tribune e dei cespugli da foresta amazzonica che circondano la pista nella realtà. Roba da segnalare quasi all’Antitrust come pubblicità ingannevole, ma soprattutto – consentimi – molto provinciale, come direbbe il nostro amato Dela.
Domanda: ma con tutti i campioni veri, e non ritoccati con photoshop, che avete a a disposizione nel vostro cerchio magico, da utilizzare come testimonial, c’è davvero bisogno di disegnare finti alberi per attirare i nostri figli al Collana per poi fargli scoprire di essere circondati dalle macerie?
Per un attimo ripensate alla teoria della “broken windows” di Rudolph Giuliani: come immaginare di poter crescere in modo civile e rispettoso i nostri figli se li costringiamo a muoversi in un contesto di degrado, se noi non rispettiamo il loro senso estetico tollerando “finestre rotte” e abbandono perfino nei luoghi della socialità?
Grazie per l’attenzione, spero che coglierete lo spirito collaborativo e amichevole con il quale mi sono deciso a scrivere questa lettera e possiate sollecitare anche le istituzioni a fare la loro parte.