Siamo in emergenza sanitaria e ci tocca ascoltare le scempiaggini di chi vuole riaprire gli stadi. Dopo Napoli-Genoa, fermare la Serie A ci sembra un atto di buon senso
Il mondo del calcio, in Italia ma non solo, ha una strana idea di sé. Si percepisce come un universo a parte. Un universo di bambini viziati e irresponsabili. Tutti: i dirigenti federali, i presidenti di calcio fino ai calciatori che fanno sempre la figura di quelli che scendono dal pero. I calciatori si dessero una svegliata. Hanno quasi tutti superato la maggiore età. Hanno mogli, compagne, figli, genitori. Fin qui in Italia si sono distinti soltanto per la battaglia contro i tamponi ogni due-tre giorni. La vita va oltre quelle inutili interviste concesse a fine partita.
La domanda è: perché il mondo del calcio pretende di agire come se non ci fosse una pandemia mondiale? Il tempo dei loro privilegi è bello che finito. Non bisogna spiegarglielo ogni due-tre minuti. Non si sono resi conto che il mondo è cambiato? Problemi loro. Non si può perdere tempo ad ascoltare le farneticanti proposte della Conferenza Regioni che – spalleggiata e/o pressata dai presidenti dei club – chiede la riapertura degli stadi al pubblico mentre in tutta Europa e anche in Italia stanno crescendo i contagi.
Davvero dobbiamo stare ad ascoltare le dichiarazioni del presidente della Federcalcio? O quelle del commissario tecnico della Nazionale Roberto Mancini il quale candidamente afferma che gli stadi possono essere riaperti perché siamo all’aperto e non c’è pericolo? Siamo su Scherzi a parte. Torniamo alle sane abitudini di un tempo: ti occupi di calcio? Ecco, allora fai il bravo e stai zitto. Se e quando ci saranno le condizioni per giocare, te lo faremo sapere. Tu nel frattempo palleggia. Quando le cose diventano serie, parla solo chi ha studiato.
Possibile che il calcio rifiuti sistematicamente la ragionevolezza? In presenza di una pandemia, quando sono a rischio le vite dei cittadini, ci sono priorità che non possono essere rimesse in discussione. Il calcio deve scegliere: o comprende il contesto, oppure il governo agisse di conseguenza. Non possiamo perdere tempo ad ascoltare scempiaggini.
Quel che è accaduto per Genoa-Napoli, è gravissimo. E riguarda tutti. Anche gli attori di questa vicenda: i calciatori, gli allenatori, gli arbitri. Si facessero sentire. Sono persone con diritti civili. Se poi piagnucolano solo quando si affaccia il timore che il virus possa colpire anche loro, beh allora è una scelta consapevole essere considerati degli inetti. C’è bisogno di più responsabilità sociale da parte del calcio. C’è bisogno di buon senso. Ci sono momenti in cui bisogna remare tutti dalla stessa parte. Ma davvero c’è necessità ripetere ogni giorno – come hanno giustamente fatto il ministro Speranza e il Cts – che la scuola è prioritaria rispetto al calcio? Non troviamo altre fonti ragionevoli oltre a Speranza e al Cts? Se qualcosa non va nel protocollo per il calcio, va cambiato. E va cambiato da persone che hanno mostrato responsabilità. Gli attori del calcio hanno dimostrato di non esserlo.
Abbiamo assistito a posizioni assurde come quella del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca che fa il guappo con i cittadini e il tenerone con il calcio. Perché ha votato a favore alla riapertura degli stadi nella Conferenza delle Regioni? Il suo collega del Lazio Zingaretti non l’ha fatto. Non vogliamo pensare che sia per le eventuali pressioni del presidente De Laurentiis che tra l’altro è stato a sua volta colpito dal virus. Anche i politici devono darsi una svegliata, la notorietà mediatica non può essere l’unico orizzonte possibile. Mi si nota di più se apro gli stadi o se li chiudo? Si vada oltre questa domanda.
Insomma il calcio, se ci riesce, provi a diventare adulto. Deve essere un attore mauro e consapevole in un momento delicato per l’Italia e non solo. Se poi decide di vestire solo i panni del bambino viziato e irresponsabile, come tale sarà trattato. L’idea di sospendere la terza giornata di campionato, ci sembra un atto di ragionevolezza. Anche per far capire che non si può andare avanti a dispetto di tutto e di tutti. Come fatto a febbraio, con conseguenze tragiche, a Bergamo e a Liverpool.