Alla Gazzetta: “Mi piace il contrasto, la forza dell’avversario. Un buon difensore rende l’attaccante migliore, perché lo obbliga a dare tutto e a cercare nuove soluzioni. Il calcio è umiltà, voglia di lavoro, testa e fame”

Sulla Gazzetta dello Sport una lunga intervista all’attaccante dell’Inter Romelu Lukaku. Racconta la sua infanzia, il suo avvicinamento al calcio e le sofferenze economiche della sua famiglia. Motivo per cui ha deciso di fare il calciatore.
Parla dell’Italia, dice di trovarsi “molto bene”.
«E’ il miglior Paese in cui sia mai stato. Amo stare in Italia. Mi piacciono l’amore della gente, il rispetto. Io sono una persona che rispetta gli altri e quando incontro la gente mi piace parlare e stare con loro. Gli italiani mi hanno accolto molto bene e io sono grato a tutti. Anche il calcio italiano è un calcio che va bene per me, mi ha fatto migliorare in tutto. Ho voglia di crescere e voglio fare ancora di più per la squadra, il mister, la società e soprattutto per i tifosi».
Su Conte:
«Per me è un mentore, un padre, una persona che mi capisce veramente bene. E anche io lo capisco e gli sono grato della stima che ha sempre avuto per me. La prima volta che lui mi ha chiamato, sei anni fa, già voleva che fossi acquistato. Per me giocare per lui è veramente la realizzazione di un sogno. Vedi le sue squadre e capisci che puoi, come singolo e come collettivo, imparare tanto e migliorare tanto. Sento di essere cresciuto molto nella stagione scorsa, merito del mister e del suo staff. Ma dobbiamo pensare sia solo l’inizio. Dobbiamo migliorare ancora e Conte è l’allenatore giusto per farlo».
Per essere un leader, nel calcio, serve la mentalità.
«Avere la mentalità positiva, cercare sempre di essere migliore del giorno prima ed aiutare i propri compagni in ogni momento. Ed essere disponibili anche a soffrire, a prendersi responsabilità, a condividere vittorie e sconfitte. Non solo con i compagni di squadra ma con tutto il collettivo. Una squadra vince anche con i magazzinieri o con lo staff medico. Stiamo insieme e insieme vinciamo o perdiamo. Per me giocare nell’Inter è un sogno che si realizza. Non avrei mai potuto immaginare che si avverasse. Io non prendo questa opportunità alla leggera, sono venuto qua per fare bene, per lasciare un segno. Ogni giorno, quando mi sveglio, voglio fare di tutto per migliorare. Posso giocare bene o male ma ogni volta che scendo in campo voglio dare tutto. Anche in allenamento sono così. Il mister e i compagni mi prendono in giro perché io mi arrabbio anche quando perdo le partitelle tra noi. Questa è la mia maniera di giocare al calcio, di pensare il calcio. Quando non sarà più così, smetterò».
Sul razzismo:
«Esiste ancora, in tanti campionati, in tutta Europa. Ed è assurdo. Il football è multiculturale, multietnico. In ogni squadra c’è un giocatore di un’altra nazionalità, di un altro colore, di un’altra religione. Dobbiamo rispettare tutto questo. E’ lo sport, è la vita. A me in Italia è successo una volta di avere problemi. Ho reagito, ma poi non è più accaduto. Amo il vostro Paese e il vostro calcio. E i tifosi di ogni squadra mi rispettano, come giocatore e come uomo. Non voglio confondere tre o 300 che fischiano con migliaia di spettatori e di cittadini civili. Ho fiducia che l’assurdità del razzismo sia consegnata al passato».
Lukaku parla della differenza tra il calcio inglese e quello italiano («Il calcio italiano è molto più tattico. Per giocare a certi livelli devi essere intelligente nel movimento, nella gestione della palla, tecnicamente devi essere più forte perché non c’è lo spazio e neanche il tempo per girarsi») e anche dei calciatori avversari. Quando gli chiedono chi sia il miglior difensore che abbia mai incontrato risponde:
«Sono tutti forti, in Italia. Koulibaly è tosto, mi diverto quando gioco con lui: mi piace il contrasto, la forza dell’avversario. E’ così con Klavan che gioca a Cagliari, o Kumbulla che era al Verona o con Bonucci o Romagnoli. Tutti giocatori che quando giocano con me ci mettono un impegno particolare. Ma questo vale anche per me, perché voglio vincere, e più il difensore è forte e più mi motiva. Non si meravigli, ma un buon difensore rende l’attaccante migliore, perché lo obbliga a dare tutto e a cercare nuove soluzioni».
Infine, spiega cos’è per lui il calcio, come lo spiegherebbe a un bambino:
«Umiltà, voglia di lavoro, testa e fame. Avere fame per vincere, lavorare tanto per appagarla, per mangiare il campo. Ogni istante di ogni partita».