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Suarez passa l’esame in mezz’ora, la babysitter di un amico aspetta da un anno e mezzo

FALLI DA DIETRO – Torna il campionato con tante incertezze. Tranne Osimhen uno che ha sempre corso nella vita, anche domenica a Parma

Suarez passa l’esame in mezz’ora, la babysitter di un amico aspetta da un anno e mezzo

FALLI DA DIETRO –  PRIMA GIORNATA DEL CAMPIONATO 2020-21

Troppe incertezze.
Meglio non fare pronostici.
Riparte una Serie A con le pezze alle braghe. Dove le più indebitate sono proprio le prime due nell’ultimo campionato.
Fa bene l’Impomatato a esibire a petto in fuori – fra un Covid e un altro – il primato del club più in salute d’Europa.
Troppe incertezze.
Scricchiola anche l’unica sicurezza.
Quella di uno scudetto assegnato automaticamente da nove anni.
Causa la noia, e le fughe a frotte da parte di tifosi e investitori, si dovrà escogitare qualcos’altro.
Pare che l’abbiano capito persino (ma ci credo poco) quelli dalle parti della Continassa.
Chiamare in panchina un debuttante per quanto di prestigio, per quanto sveglio e vispo, ma pur sempre un debuttante, può essere un segnale per un accordo su un campionato un po’ più movimentato.
Troppe incertezze.
Un fattore campo che non c’è più, azzerato com’è dal virus.
E sul cui peso rispetto ai risultati non è possibile azzardare previsioni.

Un mercato aperto fino al 5 ottobre.
Con tutte le squadre incomplete, che in teoria possono cambiare radicalmente fra due settimane.
Con il paradosso Dzeko che sabato era in panca al Bentegodi e probabilmente domenica sarà all’Olimpico in splendente divisa a strisce proprio contro i sangue-oro.

In più c’è anche il lato grottesco e truffaldino.
Luis Suarez giovedì è partito da Barcellona alle 13, è atterrato a Perugia alle 15. Alle 16 aveva già superato l’esame di Italiano livello B1, sia scritto che orale.
Una commovente storia di umanità, sport e integrazione.

Ma se paragonata con quella di Ka, babysitter del figlio di un mio amico, che da un anno e mezzo aspetta di finire tutta la pratica, si trasforma subito in una storia di ingiustizia.
Che ci conferma come il problema non siano gli stranieri. Ma i poveri.

Meglio non fare pronostici. Si riparte, e vediamo come viene.

Alla prima conta quella cosa lì, vincere.
E la Beneamata vince.
Un’ora di noia interminabile. Un’ora di tiki-taka calabrese da mortadellare coglie e cogliandoli.
Un’ora a chiederci “Ma quando entra Osimhen?”.
Poi finalmente il Gattaccio si decide. Con una autentica genialata.
Fa fuori quello che non ti aspetti: Dunga-Demme. Annullato da un grande Kucka che lo costringe sempre spalle alla porta, a cedere all’Imperatore Nero – indeciso se prendere l’aereo per Parigi o per Manchester ma sontuoso come un tempo – il compito dell’impostazione.
Alle 13,46 di domenica 20 settembre entra nella storia del Napoli e della Serie A l’uomo più atteso di questo campionato.
Victor James Osimhen ventiduenne nigeriano di Lagos .
Ed subito un’altra storia.
Ha sempre corso Victor nei suoi ventidue anni.
Correva sulle discariche della periferia di Lagos vicino a Oregun alla ricerca di scarpette. Correva alla rincorsa di un pallone per sfuggire la povertà e altri rischi. Correva da un semaforo all’altro a vendere bibite per aiutare i sette fratelli dopo la morte dei genitori. Correva per vincere una Scarpa d’oro al Mondiale Under 17. Correva sui campi di Wolfsburg. Correva per battere la malaria che un giorno lo raggiunse. Correva a Charleroi e poi a Lille. Correva e segnava tanto. Perché lui ha in testa solo la porta avversaria.
Al Tardini entra e si mette a correre. Un metro e novanta di potenza nera. I capelli dipinti d’oro. In un fantastico ossimoro somatico.
Entra e cambia la partita.
Perfettamente integrato in squadra come se fosse lì da una vita.
E al gol del Fiammante Fiammingo non perde occasione di mimare la linguaccia del mitico Tommaso Starace.
Tutti a stropicciarsi gli occhi. Benvenuto Victor. Ne vedremo delle belle.
L’altro debutto atteso è di scena allo Stadium.
Pirlo per natura non è un incendiario. La partita serve a mettere in vetrina il talento del Kulusevski destinato a grandi cose.
E serve a rassicurare un po’ gli animi inquieti per le tante incertezze.
In questo momento di dubbi e confusione e’ bello sapere che alcune certezze rimangono.
Il mani in area di Bonucci non è rigore.
“Time may change me, but I can’t trace time”. Così cantava David qualche tempo fa. Forse il Duca Bianco conosceva Ibra.

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