Aveva segnato 11 gol in tre anni, con Carletto l’esplosione. Al Telegraph: “E’ bravissimo a motivarti. Lavora sul lato mentale delle cose. Da me pretende più di 20 gol”

Otto gol in questa stagione, due triplette, l’Everton che vincere le prime sei partite per la prima volta dal 1938, il primo posto in Premier League e la convocazione della nazionale inglese. È il paradiso in terra di Calvert-Lewin, il bomber made in Carlo Ancelotti.
Il giovane attaccante inglese che prima di esplodere aveva segnato appena 11 gol in tre stagioni ha raccontato al Telegraph di come è cambiata la sua carriera da quando è arrivato l’ex tecnico del Napoli, che pure aveva provato a portarlo in azzurro prima di finire lui in Premier.
“Mi ha subito fatto capire che puntava su di me. Il messaggio era “sei il mio uomo e voglio che continui a far gol”. È molto bravo a darti fiducia in maniera sottile, e mi ha sicuramente dato un bello slancio. Mi ha anche detto che assomiglio a Inzaghi. Da giovane centravanti essere paragonato a un giocatore del genere che è ha fatto la storia del calcio, che ha segnato così tanti gol, è una bella sensazione e, ancora una volta, inconsciamente ti dà quella spinta…”
“Ora sono il suo numero 9 ed è quello che ha programmato per me. Ho bisogno di vederla come una sfida perché crede che io possa raggiungere certe vette e anche io lo credo. Si tratta di continuare a imparare, essere una spugna e apprendere tutto”.
Ancelotti ha fissato per Calvert-Lewin un obiettivo di 20 gol in questa stagione e gli ha insegnato la necessità dei cosiddetti “one-touch”, “un tocco e gol” per arrivarci.
“Penso che ne voglia un po’ di più da me, ad essere onesti! E giustamente, anche. È stato un ottimo inizio e mi ha detto che avrebbe portato più giocatori a creare opportunità per me. Anche questo è una botta di di fiducia, facendomi sapere che ci saranno giocatori intorno a me con tanta qualità”.
“Il one-touch? È una specie di figura retorica. Non significa provare a segnare da 30 metri. Per segnare con un tocco devi essere in determinate zone, sempre in movimento. L’enfasi è sull’essere nel posto giusto per essere l’uomo che la butta dentro“.
“Direi che negli ultimi 12 mesi per me è stata una continua curva di apprendimento. Non si tratta solo di lavorare sodo in allenamento… è come essere uno studente, studiare il gioco, imparare la mia posizione, a mettermi in posizioni migliori, segnare più gol. Non è un apprendistato tecnico o tattico, perché quelli li fatti da quando ero bambino. Riguarda più il lato mentale delle cose“.