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Caro Napolista, la tua informazione è rivoluzionaria: dici che di medicina deve parlare chi ha studiato

Sono sempre in disaccordo con voi sul Napoli. Ma, da medico, dico che siete uno dei pochissimi punti di riferimento per chi non desidera leggere ciò che gli fa comodo

Caro Napolista, la tua informazione è rivoluzionaria: dici che di medicina deve parlare chi ha studiato

Cari amici del Napolista,

probabilmente ve ne sarete accorti, ma oggi siete a tutti gli effetti un giornale “rivoluzionario”.

Mi spiego meglio:

Sono un giovane medico che lavora anche per l’ASL Napoli 1 e chiarisco sin da subito a voi ciò che mi tocca spesso specificare ai miei contatti più stretti, ovvero che non mi occupo direttamente di covid. Ma in questi giorni concitati di un Juve-Napoli surreale, mi ha preso una gran voglia di scrivervi, dopo anni di lettura in silenzio.

Non per vantarmi, ma ho resistito anche nei periodi di più violento disaccordo. Non sono mai stato ancelottiano né rafaelita, Sarri l’ho amato e Insigne mi sta addirittura simpatico, giusto per farvi apprezzare il mio impegno nel tacere e riconoscere che il mio campo è un altro.

E ciò dicendo tocco subito il centro della questione. Nel 1830 Hegel sembrava piuttosto infastidito dagli intellettuali dilettanti che si volevano occupare di filosofia, e scriveva: “si ammette che per fare una scarpa bisogni aver appreso ed esercitato il mestiere del calzolaio”…“solo per filosofare non sarebbero richiesti né studio, né apprendimento, né fatica”.

Oggi tutti accettiamo che per fare una scarpa bisogna interpellare un calzolaio, ma pare proprio che nessuno capisca che per fare filosofia, per dibattere di diritto, per occuparsi di medicina, sia necessario studio, apprendimento e fatica.

Ma ciò che impressiona non sono le masse online, sempre più entusiaste di esprimere la propria opinione e sempre meno interessate a informarsi e a comprendere, bensì gli organi stessi di informazione. Quello che impressiona è il livello stesso dell’informazione disponibile in questo paese. Che poi condiziona fortemente tutto il contesto.

Il vostro giornale, è stato realmente “rivoluzionario”. Rimanendo fedele alla propria linea, in questi giorni ha fatto ciò che quasi tutte le maggiori testate giornalistiche non sono state in grado di fare. Chi per superficialità genetica, chi per problemi ideologici, chi per timore reverenziale, chi per questioni di palese conflitto di interessi, gli organi di informazione hanno fallito nel fornire un servizio corretto.

E così, per seguire per bene una notizia che a mio avviso ha comunque una rilevanza nazionale, affatto limitata al mondo del calcio, ho dovuto affidarmi solo alla vostra pagina.

Era già capitato (utilissimi e puntigliosi gli articoli di Ilaria Puglia sul ponte Morandi), ma questa volta ha avuto un sapore diverso. Sarà perché riguarda sia la mia professione (la medicina) che la mia passione (il calcio).

In questi giorni i più importanti organi di informazione hanno incredibilmente dato uno spazio enorme a dirigenti, calciatori, allenatori, giornalisti sportivi che discutevano di sanità pubblica come fosse il proprio pane quotidiano. L’opinione di certi presidenti di società calcistiche ha addirittura a tratti monopolizzato e indirizzato il tema.

Come sia possibile che ciò accada è una domanda che colpisce il cuore dei problemi del nostro paese. Ma certamente l’effetto finale è di forte fastidio e di grande scoraggiamento.

Sarebbe stato meglio si fossero occupati delle scarpe (sia pure scarpette da calcio).

Insomma oggi fare dell’informazione corretta, è un atto rivoluzionario. Spero abbiate compreso la portata del vostro lavoro. In questi giorni parlare di calcio significa ancor più del solito parlare direttamente delle grosse difficoltà di un paese in crisi. Di un paese che non ha capito la propria condizione, non vuole sentirla raccontare. E diventa così molto facile per alcuni fare i propri interessi a discapito di quelli della popolazione. Basta vendere la situazione come alla gente piacerebbe che fosse. Insomma, va tutto bene, continuate a farci fare i nostri comodi. La nostra stampa e la nostra tv si prestano a fare da cassa di risonanza. Cessando così di informare.

In questo contesto la vostra linea editoriale è stata più che mai “rivoluzionaria”.  State diventando sempre più una delle pochissime fonti attendibili di informazione e sempre meno un sito che tratta semplicemente di sport. Siete stati preziosi e avete provato a restituire (in un ambito come quello calcistico, che svilisce la conoscenza come pochi altri) anche un po’ di dignità alla mia professione.

Chissà se anche voi state sconfinando dal vostro campo, o se il vostro campo più autentico è sempre stato questo. Forse più semplicemente avere studiato qualcosa di più rispetto al saperne solo di calcio, rende possibile fare una migliore informazione. Una cosa che pare banale specialmente se pensiamo alla categoria dei giornalisti sportivi, ma che evidentemente, in questo paese soprattutto, non lo è affatto.

Sarei tentato di concludere sconfinando dal mio campo, dicendo che ho già adorato Osimhen dal primo scatto, che farei una statua a Koulibaly e che Milik per come la vedo io è un giocatore di cui non sentiremo mai la mancanza, ma forse è meglio se torno a occuparmi delle “mie scarpe”.

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