A La Stampa: «Chiudere le scuole è una decisione disgraziata. All’Italia dell’istruzione non è mai fregato nulla. Questa società rammollita va ribaltata. La gente si ribella contro il governo ma il nemico è il virus».
Su La Stampa un’intervista al filosofo e psicanalista Umberto Galimberti. Secondo lui la pandemia non ci insegnerà niente. Quando tutto sarà passato,
«riprenderemo la nostra vita con la foga del drogato per cui è finita l’astinenza»,
senza aver imparato nulla. Perché gli italiani sono guidati dall’«individualismo sfrenato». Nel nostro Paese manca il senso di collettività.
«Il nostro individualismo. Si deve capire che la città viene prima dell’individuo, ma noi italiani cittadini non lo siamo ancora, siamo solo familiari, anche per ragioni storiche. Fino a 150 anni fa eravamo dominati da potenze straniere e lo Stato veniva percepito come un nemico da fregare. Un’impostazione che è rimasta, lo dimostra l’evasione fiscale. Non c’è senso della collettività, ma questa è una cultura che non si inculca in un anno perché è capitata una disgrazia, si insegna a scuola. E l’Italia le scuole le chiude».
Sulla decisione di chiudere le scuole, Galimberti è molto critico. Dice:
«Chiudere le scuole è la decisione più disgraziata, la più folle. C’è da infuriarsi davvero. Francia e Germania chiudono tutto ma non quello. La scuola a distanza non esiste. Il problema sa qual è? Che all’Italia dell’istruzione non è mai fregato nulla. Basta pensare che, dati Ocse, il 70% degli italiani non capisce quello che legge. Sono i luoghi della movida che andavano chiusi già a giugno: i giovani hanno avuto un atteggiamento irresponsabile».
Continua:
«Il Covid ci ha offerto la possibilità di riflettere su noi stessi, sulla qualità dei nostri affetti, e non lo abbiamo fatto. Vivere a propria insaputa è la cosa peggiore del mondo ma purtroppo non ci interessa. Questa società rammollita va ribaltata dalle fondamenta. La gente si ribella contro il governo quando il nemico è il virus».
Sulle rivolte di piazza:
«Penso che in questo momento, in cui stiamo andando verso un nuovo lockdown, ci sia solo da sopportare».
Tra l’altro, dice, le manifestazioni sono luoghi di possibile contagio e pertanto da evitare assolutamente. Ed aggiunge:
«Se alla nostra economia bastano due mesi di stop per crollare significa che è fragilissima. Questa pandemia deve farci riflettere sul nostro sistema economico: è giusta una società fondata sul denaro? Che calcola solo ciò che è utile? Non possiamo fermarci alla schiuma del mare, dobbiamo guardare gli abissi. Davvero non vogliamo rinunciare ad andare al ristorante? Ma che idea abbiamo dell’umanità?».
E conclude:
«I tanti morti per noi non sono morti ma numeri di morti. Capiamo solo se la tragedia ci tocca personalmente, e a volte neanche in quel caso. Magari alla morte di un anziano c’è chi pensa all’eredità».