È il 14 aprile del 1990, ho poco più di sette anni, e per la prima volta mio padre decide di portarmi con lui allo stadio…
È il 14 aprile del 1990, ho poco più di sette anni, e per la prima volta mio padre decide di portarmi con lui allo stadio. Il Napoli ospita in casa propria il Bari, avversario tutto sommato comodo per una delle ultime gare del campionato che regalerà al Napoli il secondo scudetto. Non sto nella pelle, lo stadio l’avevo soltanto visto in tv prima d’ora, e nemmeno poi tante volte, considerata l’età ed il passaggio in tv, all’epoca delle sole gare di coppa e della nazionale. Non sto nella pelle, Maradona, Careca, finalmente davanti ai miei occhi, Maradona, la maglia numero 10, quella presenza mistica, che per un bambino di appena sette anni, nel 1990, vuol dire praticamente tutto. Perché lo senti nell’aria, perché senti il suo nome in ogni momento, perché ascolti i racconti dei più grandi, perché ogni riccio è Maradona, ogni palleggio è Maradona, ogni paragone è Maradona.
Partiamo da casa, in circumvesuviana, e ricordo l’emozione di quel momento. Forse anche troppa, tanto che mio padre, che si era procurato i biglietti per il settore distinti, quasi decide di tornare a casa. In quel periodo vivevo una condizione di salute non eccellente, e allora lui, timoroso, preoccupato, magari avrà pensato di aver esagerato con l’idea dello stadio. Ma io sto bene, e lui ci ripensa. Cirvumvesuviana, poi metropolitana fino a Campi Flegrei, e li l’emozione nell’intravedere lo stadio, che forse così da vicino non avevo mai visto. Le code, la gente, i colori. E poi l’ingresso.
Lo stadio in quel periodo era ancora in fase di ristrutturazione in vista dei mondiali che si sarebbero tenuti qualche mese più tardi, con molte gare da disputare proprio li a Fuorigrotta. Niente sediolini, ancora i vecchi blocchi dove potersi sedere insomma. Ma la mia delusione è un’altra, forte, profonda, l’assenza di telecronaca. La gara inizia, ed io vedo niente o quasi, perché nessuno resta seduto, e poi quel silenzio, vabbè silenzio si fa per dire, ma quell’assenza di spiegazione di ciò che avviene in campo, forse immaginata guardando i classici cartoni animati sul calcio. Resto deluso, ci capisco niente, o quasi. Però ogni tanto riesco a scorgere quei ricci, e quell’andatura che avevo visto tante volte in tv. I ricci, e quell’azzurro, niente altro, forse nemmeno quel 10 riuscivo a vedere, ma non importa, l’immagine è li, a tratti davanti ai miei occhi. Sono felice, davvero, dopo molto tempo.
Il Napoli vincerà quella gara 3-0, i gol, di Maradona, Carnevale e Careca. Torniamo a casa, e nella mente continuano a girare quelle immagini, e l’emozione di quel momento mista alla sempre presente delusione per l’assenza della telecronaca. A casa, mia madre, preoccupata forse più di papà, mi chiede come fosse andata, ed io, ancora incredulo sussurro: “mamma, ho visto Maradona”.