I 170 palloni toccati da Koulibaly fotografano la partita. La squadra olandese ha tolto a Osimhen la possibilità di creare la profondità
Cosa ha fatto l’AZ (per bloccare il Napoli)
Nell’ananlisi tattica della partita contro tra Napoli e Atalanta, su questo sito, abbiamo scritto che la squadra di Gattuso aveva giocato «una gara eccellente, coerente con le richieste del contesto. Il contesto dell’Atalanta, ma anche quello del Napoli». Ecco, contro l’AZ Alkmaar è andata in maniera esattamente opposta. La squadra olandese, infatti, ha trovato il modo per disinnescare il sistema tattico del Napoli, con poche mosse attuate in maniera intelligente. Il concetto principale è stato accorciare il campo di gioco del Napoli. Anche l’Atalanta di Gasperini, in fase difensiva, persegue lo stesso obiettivo tattico, esasperando le marcature a uomo – in pratica le estende a tutto campo. L’AZ, invece, ha cercato di farlo difendendosi di squadra, tenendo corti e compatti i reparti. In questo modo, ha finito per togliere a Osimhen – quindi al Napoli – il suo strumento offensivo più pericoloso: l’attacco della profondità.
Certo, oltre che per la sconfitta nella partita tattica, il Napoli ha perso la gara contro l’AZ anche a causa di prestazioni individuali scadenti, di mancanza di ispirazione in fase offensiva, magari anche di un approccio mentale inferiore alle attese – di Gattuso e non solo – e degli standard tenuti nelle ultime uscite. Ma questi sono aspetti che non possono essere misurati empiricamente o evidenziati in maniera oggettiva, a differenza delle dinamiche tattiche, e dei dati. Quindi partiremo proprio dalle dinamiche tattiche e dai dati, perché sono molto interessanti. Ci hanno detto e ci dicono quali sono le criticità del Napoli, come e dove dovrà lavorare Gattuso perché la sua squadra possa davvero competitiva.
Come ha giocato il Napoli
La scelta di Gattuso è stata chiara: continuità di modulo e di formazione, per continuare il percorso di apprendimento del nuovo sistema tattico. Quindi è stato confermato il 4-2-3-1/4-4-2, con pochi cambi, tra l’altro non troppo impattanti a livello tattico: Meret per Ospina, Maksimovic per Manolas, Lobotka per Bakayoko. Forse solo quest’ultimo avvicendamento era pensato in funzione di una partita più sofisticata dal punto di vista del palleggio, ma alla fine il contributo del centrocampista slovacco è stato poco più che impalpabile. La vera novità proposta da Gattuso è stata la posizione (ancora più) mobile di Fabián Ruiz: il centrocampista spagnolo è stato il primo catalizzatore della manovra (125 palloni giocati) e spesso si è abbassato sulla linea dei difensori per impostare il gioco da dietro. Sotto, qualche frame che mostra questa dinamica.
In tutte le tre situazioni, Fabián è nello slot di terzo difensore centrale in fase di impostazione.
Si è trattata di una scelta provata in allenamento, ma anche dettata dalle circostanze. In questi frame, soprattutto nel secondo, si nota infatti come la struttura difensiva dell’AZ costringa il Napoli a forzare il possesso palla alla ricerca di spazi. Fabián Ruiz ha una tendenza innata ad andare verso il pallone, cioè si muove spontaneamente per riceverlo e giocarlo in molte zone del campo; solo che in questi – come in altri – momenti della partita, non c’erano alternative a questo tipo di costruzione dal basso. Nel terzo frame, si noti anche la posizione particolare di Di Lorenzo, che entra nel campo e agisce come mezzala per creare superiorità posizionale dietro le linee dell’AZ. Come anticipato, è servito a poco: l’AZ si è difeso in maniera intelligente e diligente, togliendo spazio – reale e virtuale – al gioco in verticale del Napoli. Per capire cosa intendiamo, basta vedere quest’altro frame:
Si può difendere in maniera compatta senza retrocedere troppo? Sì, è possibile
La chiave della fase difensiva pensata e attuata dal tecnico olandese Arne Slot sta nell’idea di compattezza. Solo che si tratta di un concetto diverso da quello che conosciamo, da quello che immaginiamo. L’AZ, fin quando ha potuto, ha tenuto infatti la linea difensiva tendenzialmente alta, così da togliere profondità e verticalità all’attacco del Napoli. In questo modo, Osimhen è stato costretto ad accorciare, piuttosto che allungare il campo. Questa compressione nella fascia di mezzo ha compresso tanti uomini in pochi metri. Una condizione che fatto perdere velocità e quindi imprevedibilità alla manovra del Napoli. Proprio le qualità che, a partire dal secondo tempo della gara di Parma, hanno reso efficace la squadra di Gattuso in fase offensiva.
I dati confermano queste sensazioni. Il Napoli ha tirato 20 volte verso la porta dell’AZ, ma solo per 2 volte nello specchio quando la conclusione è stata scoccata dall’interno dell’area di rigore. Considerando invece i tentativi finiti fuori, solo quello di Mertens nel primo tempo è stato davvero pericoloso, entro i 16 metri. Non a caso, è arrivata dopo un recupero palla in zona alta di campo, non al termine di un’azione manovrata. Il punto è proprio questo: sono bastate tre partite perché una squadra avversaria scoprisse la kryptonite al nuovo Napoli di Gattuso.
Il Napoli (ancora) alla ricerca dell’equilibrio
Eppure termine della partita Gattuso ha difeso la sua squadra. Ha detto che la prestazione del Napoli gli è piaciuta. Ha mentito un po’, ma non più di tanto. Per un motivo semplice: in questo momento, il tecnico calabrese sa che i suoi giocatori stanno vivendo un momento di transizione e possono risultare vulnerabili. Soprattutto contro un avversario come l’AZ, che ha capito come inibire il loro gioco. Gli olandesi, a conti fatti, hanno fatto retrocedere la squadra azzurra allo stato precedente: quello del possesso palla lento e senza sbocchi. Anche in questo caso i numeri parlano chiaro: i 67 passaggi lunghi tentati contro l’Atalanta sono diventati 36 nella gara contro gli olandesi; le cifre dei palloni toccati da alcuni calciatori (abbiamo detto dei 125 di Fabián Ruiz, ma ci sono anche i 170 di Koulibaly, i 126 di Maksimovic) confermano la ripetitività e la sterilità della manovra.
La vulnerabilità della squadra che sta cambiando pelle si è manifestata – in un modo beffardo, va detto – in occasione del gol segnato da De Wit. In pratica, l’unica occasione vera costruita dall’AZ I due frame che vi mostriamo sotto, in qualche modo evidenziano, l’aspetto più importante su cui dovrà lavorare Gattuso: una nuova ricerca dell’equilibrio.
Sono i due momenti chiave priua della fase conclusiva. In alto, c’è Stengs che sta per cambiare lato dopo una bella serpentina fatta correndo all’indietro; sopra, invece, c’è la condizione in cui il Napoli si trova a difendere pochi secondi dopo.
Come si vede da queste due immagini, il Napoli non è ancora preciso nell’alternanza tra fase offensiva e difensiva. Nelle gare contro Parma, Genoa e Atalanta, quasi non c’è stato bisogno di organizzare un sistema per contenere gli avversari. E in realtà neanche ieri contro l’AZ ci sono stati grandi problemi in fase di non possesso. La realtà è che gli olandesi hanno sfruttato lo stato di transizione tattico del Napoli: la squadra di Gattuso sta imparando a rimanere corta e compatta in fase difensiva pur provando ad allungare il campo d’attacco; solo che ieri gli azzurri hanno patito l’urgenza di dover portare molti uomini in zona palla per poter consolidare il possesso, e per poterlo recuperare. Nel primo frame, si vede come ci siano addirittura sei giocatori del Napoli che “pendono” verso la fascia sinistra.
A quel punto, un cambio di gioco sull’altro lato del campo può diventare letale. Ed è stato letale. Nel secondo frame, si vede chiaramente come la squadra di Gattuso fosse spaccata in due, data la necessità di portare molti uomini in avanti. Ai giocatori dell’AZ, basta cambiare ancora lato per creare il duello in parità numerica sulla fascia di Lozano e Hysaj. Il messicano è poco reattivo nella sclata, così come Koulibaly e Maksimovic nelle marcature in area. L’errore di Lozano, però, è più comprensibile, più perdonabile: ha dovuto effettuare un ripiegamento molto profondo, una richiesta inevitabile per l’esterno offensivo di una squadra disposta col 4-2-3-1, che vuole attaccare tenendo uno schieramento “lungo”. Come tutti i sistemi di gioco, del resto, anche il 4-2-3-1/4-4-2, applicato con questi principi, ha i suoi bug. In questa azione, si è manifestato quello della fase offensiva lenta che causa scompensi dall’altra parte del campo.
Cosa è successo dopo il secondo cambio di gioco dell’AZ
Conclusioni
Come detto anche sopra, la mancanza di lucidità e di ispirazione generale hanno finito per aiutare l’AZ Alkmaar. Ovvero, una squadra poco più che ordinata e diligente. Tutt’altro che trascendentale, ecco. Gli olandesi hanno saputo alternare la difesa illuminata di cui abbiamo parlato sopra con intelligenti, comprensibili fasi di gioco stile-barricata: un approccio che ha finito per rendere ancora più sterile e inconcludente il gioco del Napoli. Ed è proprio dalla risoluzione di questi rebus che Gattuso deve ripartire. E ne ha la possibilità: se la sua intelligenza e la sua elasticità l’hanno portato a comprendere che costruire un nuovo sistema era fondamentale per sfruttare (bene, anzi a dovere) le qualità di Osimhen e Lozano, ora dovrà creare delle alternative valide per quelle partite in cui in cui quel sistema e quelle stesse qualità saranno depotenziati.
Non è un caso che nella ripresa di Napoli-AZ siano entrati Insigne e Mário Rui. Sono giocatori che rendono più sofisticato il possesso sulla fascia sinistra, che hanno maggiore sensibilità tecnica rispetto a Hysaj e Lozano. A Gattuso, forse, sarebbero serviti fin dall’inizio per provare a giocare meglio nel contesto imposto dagli avversari di giornata, in spazi stretti, intasati, nel famoso campo piccolo di cui abbiamo parlato. Ora il tecnico del Napoli dovrà provare a capire come bilanciare le due facce della sua squadra. Una squadra che – evidentemente – chiede di essere verticale, ma che a volte avrà bisogno di tornare indietro, di esibire altre qualità, quindi altri meccanismi, per poter portare a casa il risultato.
Del resto l’imprevedibilità e la capacità di mutare sono le prerogative dei grandi progetti tattici del calcio moderno: il Liverpool di Klopp, per esempio, è assurto a livelli d’eccellenza quando è riuscito ad aumentare la durata e la qualità del suo possesso palla, passato dal 55% (dato medio) della stagione 2015/16 al 60% nell’annata 2019/20. Il tutto, senza perdere un grammo della sua pericolosità e della sua efficacia offensiva. Ecco, Gattuso deve puntare questo ambizioso obiettivo di completezza formale e sostanziale – nel suo contesto, ovviamente.