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Il Guardian: Maradona è stato il migliore all’epoca dei difensori criminali

“Il calcio era selvaggio, non quello asettico di adesso. Imbarcarsi in un palleggio era un atto di calcolata autodistruzione. Il suo è stato un trionfo di volontà: in Italia aveva allenato le sue qualità per sopravvivere”

Il Guardian: Maradona è stato il migliore all’epoca dei difensori criminali

Il giochetto stanco su chi sia “il migliore di tutti i tempi”, ora che il migliore di tutti i tempi è morto, lo affronta il Guardian con una lettura laterale. Barney Ronay sottolinea nel suo editoriale che Maradona è stato il più forte in un tempo in cui essere l’attaccante che punta la porta in dribbling era una specie di suicidio continuo, l’epoca dei grandi difensori “criminali”, che oggi vivrebbero di cartellini rossi una partita ogni due.

“Maradona – scrive il Guardian – è emerso mentre il calcio stava appena iniziando il viaggio verso l’attuale ambiente asettico, un luogo in cui ogni superficie è sigillata, ogni spazio al sicuro, ogni variabile controllata. Il cambiamento più evidente è il livello di pericolo fisico”.

Imbarcarsi in un palleggio, tentare di far valere la propria abilità, era un atto di calcolata autodistruzione. Fondamentalmente, Maradona ha giocato costantemente nella merda. Ha subito un fallo brutale e continuo, per tutta la sua carriera. In questo contesto la sua gamma di abilità – i dribbling, i passaggi, il passo impudente – era sorprendente”.

E continuando a celebrare il talento innato di Diego se ne svilisce, secondo Ronay, una enorme qualità: la fatica, l’allenamento, l’autocostruzione in un periodo nel quale “il calcio era un luogo selvaggio”.

Andoni Goikoetxea che gli spezza la caviglia, il suono “come di un pezzo di legno che si spacca” e il calciatore più costoso del mondo portato via su una coperta, e poi in ospedale in un piccolo furgone preso in prestito. La prima persona che è va a parlargli, ore dopo, è una donna delle pulizie”. Era ancora così il pallone agli inizi degli anni 80.

“Maradona dovette spingersi in questo mondo, dovette riuscire nonostante ciò, e dovette persino allenarsi a farlo nello specifico. C’è chi suggerirà, anche adesso, che fosse una specie di pervertito morale, da ricordare come un imbroglione, un vaso di vizi, che dobbiamo tenere conto dei passi falsi quando consideriamo geniale la mano de Dios. Ma questo è un fallimento dell’immaginazione. Il trionfo di Maradona è stato un trionfo di volontà, di coraggio e anche di acuta intelligenza”.

“Il Maradona del 1986 – scrive ancora il quotidiano inglese – non è stato un incidente o il prodotto di forze antropologiche. In Italia Maradona aveva lavorato incessantemente per trovare il giusto tempo delle sue giocate, il modo migliore per potenziare le sue abilità in un brutale gioco difensivo. L’Italia gli ha insegnato volare a raffiche, ad alta velocità, a individuare il momento di debolezza, a razionare la sua forza e la sua capacità di sopportare i colpi. Mexico 86 è stata la ricompensa di tutto questo”.

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