Fu Monzeglio a suggerire il suo acquisto. Dopo quattro anni, il Comandante lo cedette al Torino perché lui voleva l’Inter. Il flirt con la tennista Lazzarino
Vichingo fiondante, di natura possente, svedese di mondo, azzurri gli occhi, biondo, Hans Jeppson centravanti esclusivo, coraggio e corsa, sfondamento, le scarpe acuminate percuotevano le reti con palloni d’acciaio, erano tiri potenti. Per 105 milioni scagliò palloni per la felicità del golfo negli anni Cinquanta. Tennista valente, saltatore prodigio, calciatore, una polisportiva vivente. Questo era Hasse, un uomo del nord che si sciolse al sole del sud. Veniva da un paese di mare, nel sud della Svezia, e al mare di Napoli guardò con occhi incantati. Nello stadio del Vomero rimase l’eco dei suoi gol vigorosi e il rimpianto di un giocatore esitante. Voleva l’Inter milanese. Indispettito, Lauro lo cedette al Torino in capo a soli tre anni. Se ne andò tranquillo, non era uomo d’affanni.
Esaurito il rozzo preludio poetico, ecco la storia di Hans Jeppson che arrivò al Napoli dall’Atalanta.
Quando Lauro rientrò nel Napoli dopo la guerra, nel 1952, con l’ambizione di diventare il sindaco della città, già aveva capito che cos’era il calcio per un uomo politico: trattandosi di uno sport popolare, era un eccezionale mezzo di propaganda.
Chiamò l’allenatore di allora, Eraldo Monzeglio, che era l’unico al quale dava del voi, perché agli altri dava sempre del tu, e gli disse: “Mister, io devo fare una squadra importante perché, per lo slogan ‘Per una grande Napoli ci vuole un grande Napoli’, io devo realizzare un grande Napoli. Cosa bisogna fare?”. L’allenatore rispose: “Bisogna comprare un attaccante”. E Lauro: “Chi dobbiamo comprare? Non c’è problema!”. “C’è un giocatore, Jeppson, uno svedese che gioca nell’Atalanta”, disse l’allenatore. “Che dobbiamo fare con questa Atalanta, dove si trova quest’Atalanta?”, disse il Comandante. Gli spiegarono che era una squadra di Bergamo, e lui volle subito sapere con chi bisognava parlare.
Bisognava trattare con Daniele Turani che, nel 1953, diventò senatore. Un po’ come Lauro, con l’Atalanta si faceva propaganda per la sua carriera politica. Lauro chiamò al telefono Turani: “Senatore, mi devi dare questo giocatore svedese che tieni nella tua squadra, mi hanno detto che si chiama Jeppson”.
Turani era un commerciante del Nord, rispose facendosi due conti: “Sentite, caro Comandante, io l’ho pagato 30 milioni, e quindi ci voglio guadagnare”. “E quanto ci vuoi guadagnare? Dimmi e io firmo subito l’assegno”, replicò Lauro. “Cento milioni!”, disse il senatore. “Centocinque!”, ribatté Lauro per chiudere la faccenda. “Ci incontriamo a Roma” disse Turani.
Hotel Excelsior di via Veneto a Roma. Il Comandante arriva con Antonio Limoncelli, suo amico fedele, a bordo di un’Alfa Romeo blu, l’ultima automobile di Lauro. Entrano in albergo e Limoncelli ha con sé una valigia di cuoio.
“Turani, sono qui per concludere” esclama Lauro andando incontro al senatore bergamasco. “Bene, bene, ma non vogliamo trattare neanche un po’?” dice Turani. “Ho la flotta che mi aspetta e una candidatura a sindaco di Napoli che mi aspetta ancora di più” ribatte Lauro. “Ma come vorrete pagarmi? – sospira Turani. – I 105 milioni non sono bruscolini, come me li versate? Non si è mai visto niente del genere. Tutti parleranno di noi”.
Limoncelli apre la valigia di cuoio e mostra il contenuto: diecimilacinquecento banconote da diecimila lire. Turani sgrana gli occhi e grida: “Accetto, accetto. Ecco il contratto. Jeppson è vostro”.
Così Jeppson venne al Napoli. Achilleugenio Lauro, nipote del Comandante, ne ha svelato il retroscena nel suo libro “Il Navigatore” dedicato al nonno. Un Napoli grande per una grande Napoli. L’acquisto funzionò. Lauro prese 300mila voti diventando sindaco.
Jeppson giocava spesso al Tennis Club Napoli e il flirt con Silvana Lazzarino, graziosa tennista, fu fonte di pettegolezzi e dei rimbrotti di Monzeglio. Lauro lo prese in antipatia venendo a sapere che trescava per passare all’Inter. Una notte, di ritorno da Roma, dove aveva incontrato i dirigenti dell’Inter, Jeppson sulla sua Alfa 1900 ebbe un incidente sulla “fettuccia” di Terracina. L’auto finì contro un albero. Il giovane autista napoletano, che aveva voluto scansare un cane, perse la vita, Jeppson rimase ferito e saltò l’inizio del campionato 1955-56.
Sposò una napoletana, Emma Di Martino, di nota e benestante famiglia. Al matrimonio, celebrato sul Faito, la località turistica sopra Castellammare di Stabia, Lauro non volle intervenire, deluso dal rendimento dello svedese che, alla fine della stagione, fu ceduto al Torino.
Nel Napoli, Jeppson giocò 4 campionati realizzando 52 gol in 112 partite. Il cannoniere biondo che ci invidiava il mondo. Finito col calcio, Hasse si stabilì in Italia. Roma è stata l’ultima sua residenza. A Roma è morto sette anni fa. Aveva 88 anni.