Tutto era pronto, le donne avevano giocato la quaterna: 4, 2, 3, 1. Era stato appiccato il rogo allo scudetto. Poi, una pergamena…
Lungo via Marina il carretto sobbalza sulle infinite asperità del selciato sconnesso procedendo fra due ali di folla, metà con la mascherina, l’altra metà senza, così distinguendosi pandenicamente i favorevoli e i contrari.
Un asino bardato di azzurro, e sull’azzurro spiccano due scudetti tricolori, trascina penosamente il carretto. A cassetta, il nobile cocchiere Trombetti Provera muove nobilmente le redini.
L’estremità del carretto lascia scoperta la testa penzolante dell’uomo che trasporta. È una testa nera, con barba nera e capelli neri, come di pece nera, e occhi neri di uomo del sud.
Il carretto punta a raggiungere Piazza Mercato. Ha percorso tutta intera una città nervosa e fatto una sosta di confusione in Piazza dei Quattro Palazzi e delle Quattro Sconfitte.
In Piazza Mercato, è visibile, in attesa, il baldacchino della ghigliottina con un boia annoiato. Il boia ha una fantastica Testa di Gallo, ma non è il noto Andrea Belotti di Torino.
Donne scarmigliate seguono il carretto sventolando ricevute del Lotto, il gioco popolare in cui hanno ripetutamente giocato quattro numeri, 4, 2, 3, 1, dilapidando i loro risparmi senza ricavarne alcuna vincita.
Un sacerdote con le mani giuntoli affianca il carretto, biascicando l’ammonimento evangelico chi è senza peccato scagli l’ultimo acquisto.
Un gigante nordico di un metro e 95, i capelli raccolti nel classico tuppo vichingo, picchia ritmicamente due colpi per volta sulla testa penzolante dell’uomo nero con barba nera, capelli neri e occhi neri degli uomini del sud.
In Piazza Mercato, il carretto arresta il suo penoso cammino. Un secondo boia affianca il primo ed è il noto boia chi molla la zona Champions. Venditori di lamette Gattuso e getta chiedono paglia per cento cavilli.
All’arrivo del carretto in Piazza Mercato viene acceso un rogo con un gigantesco cartone. È Lo Scudetto portato nella piazza da una folla di illusi pescatori del golfo, di quelli che chi va per questo mare questi risultati prende e, via cantando, lacreme e ‘nfamità.
I giudici popolari del Tribunale Sopra La Panchina Ogni Allenatore Confina si dichiarano pronti ad emettere la sentenza definitiva davanti alla testa penzolante dell’uomo con barba nera, capelli neri, occhi neri degli uomini del sud e umore nero.
All’improvviso, giunge trafelato un messaggero proveniente dalla Via Aurelio chiedendo la sospensione della pena e annunciando un ricorso al Tar. Dalla Britannia, un legionario britannico di Carlo d’Inghilterra porge ai giudici una pergamena sulla quale è scritto quel che è fatto è reso, what is done is rendered nel linguaggio della lontana Isola britannica.
La pena viene sospesa. Il nobile cocchiere Trombetti Provera fa schioccare la sua nobile frusta.
La testa dell’uomo con barba nera, capelli neri e occhi neri degli uomini del sud viene sistemata meglio sul carretto. Non penzola più.
Lontano, verso occidente, su una pietra puteolana, si nota la testa decapitata di un altro Gennaro che si scuote di meraviglia.