Il battibecco a Sky richiama la celebre discussione sull’interventismo degli allenatori. “Quando salta tutto, l’Inter va meglio”, e Conte si infuria
Antonio Conte diventa pazzo se gli fanno la domanda sulla “pazza Inter”. Di più se gli fanno notare che la sua squadra gioca meglio quando saltano gli schemi. Perché gli schemi sono i suoi, ed è come sminuire il suo lavoro. Ma il battibecco in diretta su Sky con Giancarlo Marocchi ripropone un dibattito tra due scuole di pensiero: gli Adani e gli Allegri.
Dopo la litigata dell’aprile 2019, quando al tecnico della Juve venne rinfacciato dal più “giochista” dei commentatori tv di “dire stupidaggini” e l’altro rispose piccato (eufemismo) così:
“Stai lì dietro e non sai niente perché fare l’allenatore è un altro discorso. Ora parlo io e tu stai zitto perché parli con un allenatore che ha vinto sei scudetti”.
le correnti hanno preso una loro definizione. Gli Adani difendono la mano dell’allenatore, il gioco prodotto mai per caso. Gli Allegri sono per la semplicità, non c’è bisogno di fare i professori.
Marocchi e Conte hanno riprodotto la discussione, ma scambiandosi i ruoli: Marocchi faceva l’Allegri, Contro l’Adani.
Conte in particolare, dopo una carriera costruita sul cliché del motivatore ossessionato, ieri è tornato a parlare di “furore”, dopo un inizio campionato stranamente zen, nel quale sorrideva ai gol subiti manco fosse Zeman (“Mi godo il percorso, finalmente”). Ma quando Marocchi gli ha fatto notare che l’Inter funziona meglio quando si libera dagli schemi, quando “si butta il cappello in aria”.
“I tuoi giocatori hanno tecnica e fisico di altissimo livello ma hanno di basso livello la capacità di capire movimenti e trame di gioco. Non stai chiedendo troppo ai tuoi giocatori? Non si può solo vincere con le prime due doti? Nei movimenti i calciatori si perdono, quando si butta il cappello in area loro dimostrano di essere una squadra in grado di travolgere chiunque”.
Conte non l’ha presa benissimo:
“Non ho capito la domanda. Il calcio non è buttare il cappello in area, non so se capite di calcio. Se parliamo di cappello in aria, tutti avanti, sono chiacchiere da bar“.
Però il succo del parapiglia resta interessante. Conte difende il suo ruolo di protagonista. C’è lui dietro il destino dell’Inter non il caso, non una accozzaglia di campioni all’arrembaggio. Non è Allegri, lui è Adani. Anzi è un mix:
“Ho vinto qualcosa, ma non buttando il pallone avanti e si vada a avanti tutto furore. Non posso accettare che questo venga detto. Quando giocavamo noi, erano altri tempi. Oggi c’è un’organizzazione completamente diversa, c’era molto improvvisazione, oggi l’allenatore dà un’impronta”.
O potrebbe darla senza calcare troppo la mano. Il labile confine tra “cappello in aria” e la semplicità che celebra Allegri.