È stato un fiero militante di un terzomondismo che non c’è più. Ha mostrato senza nascondersi il dolore, il decadimento umano
È vero è stato il più grande di tutti i tempi. Ma non solo.
È stato genio e sregolatezza. Ha mostrato senza nascondersi il dolore, il decadimento umano. Ha provato a rialzarsi molte volte. Ha combattuto.
È stato un esempio nel bene e nel male. Ha rotto il tabù di un falso mondo, quello del successo e del potere. È stato un fiero militante di un terzomondismo che non c’è più. Con Castro e Cuba e il Sud America contro l’imperialismo yankee. A difesa delle Malvinas contro l’occupazione e i bombardamenti inglesi della Thatcher.
Napoli e non Milano o Torino. La sua non è stata una scelta casuale. Solo sei anni e qualche mese lo hanno trasformato. Hanno trasfigurato la stessa Napoli. Amore eterno, un figlio. Il primo. Più di Eduardo, Totò o Pino Daniele. Perché “era uno di noi”, perché “ci ha fatto vivere”.
Ha restituito alla città una dignità che si era persa. La sua grandezza non può essere decifrata o ristretta a un fenomeno sportivo. Certo, il più grande di tutti i tempi. Ma se oggi tutti noi napoletani sentiamo un vuoto immenso è perché lui è stato in tutti questi anni un esempio, una possibile via per il riscatto di Napoli.
I napoletani hanno visto in lui una possibilità. Hanno sognato, gioito, sofferto. Genio e sregolatezza. Un figlio di questa città. Uno di famiglia.