E’ uno degli aneddoti raccontati da Mihajlovic nella sua autobiografia, ripresa da Dagospia. “In ospedale mi sono fatto ricoverare come Cgikjltfr Drnovsk, 69enne senza fissa dimora”
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Una volta, alla Lazio, tra Simeone e Fernando Couto stava finendo a coltellate. “Uno aveva preso delle forbici, l’altro un coltello. Se non li avessimo separati, si sarebbero ammazzati”.
E’ uno delle decine di aneddoti che racconta Sinisa Mihajlovic nella sua autobiografia (“La partita della vita”, scritta per Solferino con Andrea Di Caro. Un pentolone magico di pallone vissuto lontano dalle telecamere, e di storie personali sempre al limite del politicamente corretto, di cui scrive Dagospia riportando le curiosità più gustose.
Cominciando dalla genesi della amicizia mai rinnegata con li criminale di guerra Zeljko Raznatovic, la Tigre Arkan. Il primo incontro tra i due andò così: Mihajlovic era entrato durissimo su Stojkovic, e Raznatovic, capo ultrà della Stella Rossa inseguì Sinisa urlandogli “Ehi pezzo di merda, io ti faccio finire la carriera”. Mihajlovic – racconta lui – si gira e lo fulmina: “Ma chi cazzo sei? Io ti spacco la faccia”.
Nel libro racconta la diagnosi di leucemia, la telefonata alla moglie, le parole di Walter Sabatini (“Resta il nostro allenatore. Preferisco lui al 20-30% che qualsiasi altro tecnico”). E poi il ricovero con la falsa identità di Cgikjltfr Drnovsk, 69enne senza fissa dimora: “Trovavo ironico che il senza fissa dimora lo avessero affibbiato a me, che in ogni stadio ero accolto dal coro di zingaro di merda”.