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Boateng: «Il razzismo è nascere in Germania, sentirsi tedesco ma essere nero: non sai mai chi sei»

A Repubblica: «Ho accettato di venire al Monza perché nella vita non è tutto regalato, volevo ripagare Galliani e Berlusconi per avermi portato nella squadra più forte del mondo 10 anni fa»

Boateng: «Il razzismo è nascere in Germania, sentirsi tedesco ma essere nero: non sai mai chi sei»

La Repubblica intervista Kevin Prince Boateng, neo acquisto del Monza di Berlusconi. Spiega di aver scelto il club brianzolo per un debito di riconoscenza.

«Perché nella vita non è tutto regalato, volevo ripagare Galliani e Berlusconi, che dieci anni fa mi portarono dal Portsmouth alla squadra più forte del mondo. Mi hanno chiesto una mano e ho detto sì. E portare il Monza in A mi gasa come uno scudetto col Milan».

Inevitabile che il discorso cada proprio sul Milan di allora, quando c’era lui. E’ molto diverso dal Milan di oggi, dice.

«Non li puoi paragonare, il nostro era un Milan di fenomeni: Ibra, Robinho, Seedorf, Pirlo, Gattuso, Nesta, Thiago, io. Anche quando non giocavi la miglior partita ti guardavi intorno e dicevi: ora uno di noi ce la fa vincere. Eravamo un gruppo pericoloso, avevano paura di noi. Io oggi vedo una squadra, e non si era vista per tanto, tanto tempo: ognuno lavora per l’altro, con atteggiamenti positivi. Ecco: agli avversari fa paura come squadra».

E poi c’è Ibra. Ma gran parte del merito lo ha anche Pioli.

«I giovani sono tutti un po’ viziati, lui è stato bravo a farli diventare un gruppo e se tiri fuori il meglio da loro sei forte, punto. Con lui hanno fatto un passo importante: lo hanno lasciato lavorare, cosa che ad altri è mancata. Ma cambierebbe tutto, se tornassero i tifosi negli stadi. Giocare a San Siro è pesante, devi avere le spalle larghe: senza pubblico, un giocatore che non ha tanto coraggio o personalità si sente più libero. Ma non li prova i colpi di tacco, le giocate, con 60 mila persone intorno»

Boateng racconta com’era da bambino, in Germania, racconta il razzismo provato sulla sua pelle.

«Sapete com’è nascere in Germania, sentirsi tedesco e avere un colore diverso della pelle? Non sai mai chi sei. Il razzismo c’era, per questo a volte sono arrabbiato, e poi esplodo. Giocare per il Ghana è stata una scelta profonda, che ho fatto per me stesso: per riconoscere chi sono, da dove vengo».

Del calcio di oggi dice:

«Non guardo molto calcio. Ma pochi dicono quello che pensano: sono tutti un po’ soldati, quello che fanno o dicono sembra sempre scritto. Io no, infatti avevo problemi allo Schalke e ne avrei avuti con la Germania. A me puoi odiarmi o amarmi, ma devi rispettarmi».

E ancora:

«La gente si dimentica tutto, basta un gol sbagliato e ti insultano. A volte sento criticare Cristiano Ronaldo se in due mesi fa dieci gol anziché mille: calma ragazzi! Tanti calciatori guardano le pagelle sui giornali, io no. Lo so io, quando torno a casa, se ho fatto una buona partita o ho fatto schifo».

 

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