Acquistato come centravanti di peso, per giocare si trasformò in attaccante di sacrificio. Suo il gol scudetto e indimenticabile la partita contro il Bayern
Andrea Carnevale è il miglior esempio possibile per capire cosa fosse il Napoli di Maradona e quanto un calciatore sia anche il risultato della propria intelligenza e del proprio spirito di sacrificio. Perché Andrea Carnevale arrivò a Napoli con le stimmate del bomber. Dall’Udinese. Allodi e Marino lo vollero perché alla squadra di Bianchi mancava un centravanti di peso. E lui era in ascesa. Come Renica, Garella, buona parte degli acquisti di quegli anni. Un mosaico costruito con sapienza, pescando fuoriclasse trascurati come Bruno Giordano o ottimi calciatori dimenticati in Serie B, come Ciccio Romano.
Eppure Carnevale, arrivato proprio nell’anno del primo scudetto, faticò non poco a inserirsi. Allora non si discuteva di tattica. Oggi si sarebbe detto che con lui in campo, il Napoli perdeva equilibrio. Ecco. Per Ottavio Bianchi, l’equilibrio in campo lo garantiva Caffarelli. Che spesso e volentieri gli soffiò il posto di titolare. Carnevale era il classico numero 16. Il panchinaro. Quasi sempre in campo nei secondi tempi.
Andrea aspettò il suo momento. Ovviamente anche soffrendo. E si rivelò fondamentale nel finale. Bianchi gli affidò una maglia da titolare nelle ultime quattro giornate, dopo il tracollo di Verona che fece tremare la città. E Carnevale segnò sempre: un gol a partita. Lo splendido colpo di testa al Milan, su assist al bacio di Giordano che con la mano gli chiamò il movimento. E poi le due reti scudetto. A Como, sotto una pioggia infernale, se la accomodò col braccio birichino e la mise in porta. Segnò il gol della vigilia. E non si fece sfuggire quello della festa, al termine di un delizioso triangolo con Giordano. La palla, lemme lemme, finì in fondo alla rete. Per completare il quadro, segnò anche l’inutile rete di Ascoli. In totale, i gol in campionato furono otto.
Nonostante questi fuochi d’artificio finali, il Napoli acquistò Careca e nacque la Magica: Maradona Giordano e appunto il brasiliano. Carnevale continuò a essere il numero 16. In quella stagione infausta ebbe poche, pochissime occasioni per mettersi in luce. In campionato segnò appena due gol. Ad Avellino, quarta giornata, nel finale, appena entrato. E nell’ultima partita, quella della contestazione, contro la Sampdoria. I soli che riuscì a realizzare con le briciole di tempo che ebbe a disposizione. Di lui si ricorda una traversa a Torino contro la Juventus e uno stop sbagliato su uno splendido lancio di Maradona contro la Roma il giorno della sconfitta.
Poi, cambiò tutto. Ci furono le epurazioni. E tra gli epurati ci fu anche Giordano. Ma Carnevale non tornò più il classico centravanti, non occupò mai il ruolo per cui era stato acquistato. Interpretò l’attaccante di sacrificio. Sembrava impossibile che un bomber d’area si trasformasse in un maratoneta. Eppure Ottavio Bianchi ci riuscì. Ovviamente col benestare di Andrea. Che divenne un simbolo di quel Napoli che vinse la Coppa Uefa. Segnò gol pesanti. Come quello a Bordeaux, come il secondo nella rimonta contro la Juventus. Fino alla partita che lo consacrò agli occhi dei tifosi. Napoli-Bayern. Novanta minuti di generosità e di classe. Senza mai fermarsi. Trovando il tempo per prendere l’ascensore e raggiungere al secondo piano quel pallone piazzato là da Diego. Da quel momento, non è più uscito dal cuore dei tifosi. A fine stagione, tra coppe e campionato, le reti furono venti.
E il suo timbro c’è anche sul secondo scudetto. Con gol contestati, come quello al Lecce in evidente fuorigioco. La doppietta al Milan di Sacchi. Il gol nel finale a Bari, che ci salvò dalla sconfitta.
A fine stagione, salutò. Il Napoli decise di puntare su Silenzi. Lui andò alla Roma. Dopo esser stato protagonista di un caso Chinaglia in tono minore. Mandò a quel paese Vicini che lo sostituì con Schillaci. Andrea venne travolto dallo tsunami notti magiche.
Forse, se il Napoli avesse creduto di più in lui, avrebbe potuto dare anche di più. Ma il posto nel cuore dei tifosi non glielo toglie nessuno. Ha segnato gol da cartolina: quello dello scudetto, alla Fiorentina, e ovviamente quello al Bayern.