E’ morto “in una villetta anonima, su un materasso gettato per terra con il conforto di un cesso chimico. Al suo capezzale avvoltoi medici e legali e una dottoressa che non sapeva che fare”
Il Fatto Quotidiano indica i personaggi del 2020, tra sport, spettacolo, politica e sociale. Tra questi c’è Diego Armando Maradona, morto lo scorso 25 novembre. A lui Fabrizio d’Esposito dà 10, perché, scrive, “l’epopea di Diego è riassunta dal 10, la sua maglia”.
Quello a Diego è un “Nobel lontano dai riflettori”. La sua è “la fine caotica del dio del calcio”. d’Esposito scrive:
“Un congedo anarchico così com’è stata la sua parabola terrena di Dio della pelota: in una villetta anonima del Barrio San Andrés di Tigre, su un materasso gettato per terra con il conforto di un cesso chimico. Al suo capezzale avvoltoi medici e legali e una dottoressa che non sapeva che fare. Un mese prima aveva compiuto 60 anni. Indi un’operazione alla testa e i soliti problemi alcolici. Il suo funerale è stato un Carnevale di dolore, risse familiari e figli spuntati da ogni parte del globo. Maradona è stato il più grande calciatore di tutti i tempi. I suoi anni migliori li regalò a Napoli, città che è nostalgia e utopia come la sua Argentina. Il gol più bello lo segnò il 22 giugno 1986 a Città del Messico contro l’Inghilterra: in 60 metri saltò sei albionici. Erano i Mondiali e li vinse”.