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Gli equivoci irrisolti del Napoli di Gattuso

La rosa non è stata assemblata in modo coerente né è organica alle idee di Gattuso. Né offre adeguate garanzie emotive

Gli equivoci irrisolti del Napoli di Gattuso

Il peggior Napoli della stagione

La vittoria della Lazio contro il Napoli è arrivata con pieno merito, a posteriori il 2-0 in favore degli uomini di Inzaghi appare anche stretto, come risultato. Eppure, basta consultare i dati per rendersi conto che la squadra biancoceleste non ha dovuto fare neanche troppa fatica per vincere la gara: 4 tiri su azione manovrata e 2 in porta in 90′ di gioco; una sola conclusione tentata in tutto il secondo tempo. Quella di Luis Alberto che è valsa il raddoppio.

Perché è successo tutto questo? La Lazio, semplicemente, possiede degli automatismi di squadra, fondati su idee tattiche riconoscibili e sulla qualità di alcuni giocatori di livello superiore – Immobile e Luis Alberto su tutti. Il Napoli, invece, ha dovuto abbandonare la strada del calcio identitario per assecondare un organico profondo ma ibrido, e a Roma ha mostrato di non possedere la qualità e l’attenzione necessarie per poter sostenere questo tipo di approccio al gioco del calcio.

È così che è venuta fuori la peggior prestazione della stagione: una squadra naturalmente incoerente lo è diventata ancor di più, anche a causa delle assenze, e ha sbagliato troppo perché un avversario organizzato non la punisse. E stiamo parlando di errori tecnici che hanno inficiato non solo la fase difensiva, ma anche – soprattutto – quella offensiva.

Perdere la partita, perdere la sfida tattica

Molte volte, in questa rubrica, abbiamo invocato un Napoli mutevole, ibrido nel suo approccio tattico al gioco. Come detto sopra: per Gattuso, questo resta l’unico modo per sfruttare il talento in organico in senso intensivo ed estensivo. In virtù di tutto questo, sapevamo che il destino degli azzurri sarebbe stato quello di perdere diverse sfide tattiche in questa stagione, soprattutto contro avversari organizzati. Come la Lazio, ovvero una squadra che da anni lavora allo stesso progetto, che ha un’identità chiara e definita.

Ieri sera, questa differenza è stata chiara. Si è originata innanzitutto nella coerenza delle scelte fatte da Simone Inzaghi: 3-5-2/5-3-2 classico, pressione intelligente per sporcare o rallentare il possesso del Napoli, ricerca del gioco in transizione per sfruttare le falle di un’uscita palla resa elaborata dal pressing. Il gol di Luis Alberto è molto più tattico di quanto sembri, e si vede chiaramente dal video:

Saggio breve di gioco in transizione.

È un pattern molto riconoscibile, perché utilizzato più volte da Simone Inzaghi e dai suoi uomini nel corso della gara. In pratica, i giocatori della Lazio sono pronti ad attivare la pressione alta; lo fanno quando ha senso, quando riconoscono che essere aggressivi, in un certo momento, può mettere in difficoltà il palleggio dei giocatori del Napoli. Mário Rui, in questo caso, forza la verticalizzazione di prima per due motivi: perché sta arrivando Milinkovic-Savic a chiuderlo; e perché l’unico modo per far progredire la manovra è cercare di velocizzare la giocata.

Come detto, anche altre volte nel corso della gara è accaduto, grazie anche alla perfetta sovrapponibilità tra il 5-3-2 difensivo della Lazio e il 4-3-3/4-2-3-1 del Napoli in fase attiva. Con questi schieramenti, la squadra di Inzaghi è riuscita a convogliare la costruzione bassa del Napoli sulle fasce laterali, laddove è inevitabilmente meno pericolosa, e ad accorciare il campo difensivo. Non a caso, a fine gara, il dato sul bilanciamento offensivo dice che il Napoli ha costruito addirittura l’81& delle sue azioni sulle corsie laterali.

La scarsa sensibilità tecnica di Di Lorenzo (84,4% di passaggi riusciti, la quota più bassa tra i difensori di Gattuso), la pessima prestazione di Mário Rui e le difficoltà nell’impostazione pura di Bakayoko (46 palloni toccati, meno di tutti i titolari a parte Lozano e Petagna) sono un’ulteriore certificazione: la strategia di Inzaghi ha funzionato.

Nel primo frame, in alto, Maksimovic porta palla e l’unica linea di passaggio pulita è quella su Di Lorenzo, tutto aperto a destra; nel secondo frame, sopra, Di Lorenzo non ha scarichi facili e allora Fabián Ruiz deve aprirsi larghissimo a destra per offrire una linea, che però sarà chiusa subito da Marusic. Lo spagnolo è stato spesso servito in posizione di laterale destro. Ma, rispetto ad altre volte, è stata più una costrizione piuttosto che una scelta tattica deliberata.

Perché il Napoli riuscisse a uscire da questa morsa, serviva alzare il ritmo e la qualità delle giocate. Esattamente ciò che ha provato a fare Mário Rui con il suo passaggio per Zielinski, qualche attimo prima del gol di Luis Alberto. I risultati sono stati scarsi, anzi avvilenti. Non vogliamo gettare la croce addosso al portoghese, anzi: in quell’azione almeno c’è stato un tentativo, mentre per gran parte della partita gli uomini di Gattuso non hanno fatto altro che far girare palla a vuoto.

Sono i numeri a certificare l’assoluta inconsistenza offensiva del Napoli: nonostante un possesso palla nettamente a favore (60,2% a fine gara), gli azzurri hanno toccato 28 volte il pallone in area di rigore della Lazio; non sarebbero neanche poche, se non fosse che gli uomini di Inzaghi sono arrivati a quota 16. Se queste cifre non bastassero, eccone altre a corollario: solo 5 di questi tocchi in area sono da considerare una conclusione tentata; 3 di questi tiri sono arrivati dopo il minuto numero 75, a risultato già abbondantemente compromesso.

Tutti i palloni giocati dal Napoli. La direzione dell’attacco è da destra verso sinistra.

Equivoci irrisolti

Come si vede chiaramente nella mappa appena sopra, il Napoli ha scambiato per tante volte il pallone ma non ha mai trovato il modo per rendersi davvero pericoloso. Anche l’allenatore in seconda azzurro, Luigi Riccio, ha detto che gli azzurri sono stati «poco brillanti, prevedibili». È lo stesso problema vissuto in diverse partite della scorsa stagione, al netto delle assenze. Vuol dire che il Napoli non è riuscito davvero a progredire, se non in alcuni momenti di questa stagione, momenti sparuti e illusori, dovuti ai cambiamenti fatti anche grazie al mercato. Con Osimhen, per esempio, che però ieri sera era assente – come Mertens e Insigne.

Quello delle assenze è un tema relativo alla serata di ieri, perché va detto che per la gara contro la Lazio le scelte di Gattuso sono state praticamente obbligate. Però il punto è proprio questo: la rosa del Napoli è ricca di qualità e offre molte alternative, quindi deve essere sfruttata attraverso un approccio tattico necessariamente mutevole; a volte, però, trovare un’amalgama reale è molto difficile, perciò certi equivoci irrisolti – che restano tali al momento di schierare la formazione in campo – si possono risolvere solo attraverso prestazioni positive dal punto di vista individuale. E poi collettivo.

Le posizioni medie di Lazio e Napoli nel primo tempo: 3-1-4-2 per la squadra di Inzaghi, 4-2-3-1 per quella di Gattuso.

Ieri sera questi equivoci si sono manifestati nella totale incoerenza delle scelte offensive: se l’obiettivo era privilegiare il possesso palla ragionato (Riccio ha detto che «l’idea era quella di sfruttare le qualità di Fabián e Zielinski alle spalle di Escalante»), perché lo spagnolo e il polacco non sono stati schierati come mezzali? Perché il Napoli ha continuato a utilizzare il 4-2-3-1 in fase offensiva, come si vede chiaramente nello screen sopra, anche senza Osimhen e Mertens?

E ancora: se l’obiettivo era privilegiare il possesso palla ragionato, perché schierare Lozano (il migliore del Napoli per qualità e continuità della prestazione), tra l’altro a piede invertito, piuttosto che inserire Elmas nello slot solitamente occupato da Insigne? Ultima domanda, ma non meno importante: se l’unica punta a disposizione è Petagna, perché il Napoli ha tentato solo 9 cross dalle fasce (dato della Lega Serie A)?

Digressione sul gioco verticale (e su Osimhen)

Insomma, al Napoli sono mancate la qualità e sensibilità necessarie per fare bene le cose. Ma anche per capire cosa fare di diverso, dal punto di vista tattico. È per questo che la squadra di Gattuso ha sofferto di abulia per tutto l’arco della partita. È per questo che non ha mai dato l’impressione di poter davvero invertire l’andamento della gara. L’unico momento di alta (e buona) pressione offensiva è la conferma di questo assunto.

Come si vede chiaramente da questo video, che racconta le uniche vere occasioni da gol costruite dal Napoli nel primo tempo, sono bastati una verticalizzazione e un dribbling ben fatti per disordinare completamente la fase passiva della Lazio. Questa azione, però è un exploit improvvisato. O meglio: Petagna non è un attaccante adatto per questo tipo di soluzione, ma in quel momento ha capito che non c’era altra soluzione per poter forzare il dispositivo difensivo di Inzaghi. La buona progressione viene facilitata dagli spazi aperti, poi il tiro capita sui piedi di Fabián Ruiz, ma l’occasione è vera, nitida. E nasce da un’azione che si sviluppa diversamente rispetto allo spartito seguito dal Napoli lungo tutto l’arco della gara.

Da segnalare anche l’ottimo lancio di Maksimovic.

Qui va fatta una piccola digressione su Osimhen, sul fatto che queste sono effettivamente le sue giocate. Con il nigeriano in avanti al posto di Petagna, i movimenti ad attaccare la profondità sarebbero più frequenti e più efficaci. La sua assenza, quindi, pregiudica l’attuazione di un’idea tattica che il Napoli possiede, che la squadra stava iniziando a padroneggiare, che forse avrebbe potuto funzionare in casa della Lazio. Ma qui torniamo al punto precedente: se la rosa di Gattuso è stata costruita in maniera non lineare, con tre centravanti come Osimhen, Mertens e Petagna, tutti elementi molto diversi tra loro, allora il problema sta a monte. Una delle riserve di Osimhen dovrebbe essere un giocatore simile a Osimhen, perché il Napoli possa continuare a giocare in quel modo.

La soluzione a questo rebus è assecondare il contesto, ovvero cercare di attuare una soluzione diversa in ogni partita. Gattuso ha capito questa necessità, ha provato a lavorare in questo modo, avrà sbagliato anche alcune scelte (come successo ieri sera a Roma). Ma il vero problema è la disponibilità della squadra a vivere davvero questo/i cambiamento/i. Se i giocatori perdono grip mentale e tattico appena la gara si mette male – il gol di Immobile, ieri sera, è arrivato dopo 10′ di gioco – e se non hanno la personalità per poter interpretare un gioco diverso in ogni partita, per farlo senza perdere lucidità ed efficacia, l’intero castello si sgretola. E allora avere una squadra completa e profonda, e pure di buona qualità, diventa un’arma a doppio taglio.

Conclusioni

In questo momento, quindi, è difficile dare tutte le colpe all’allenatore. Se la rosa che ha a disposizione non si adatta alle sue idee di gioco – perché è ibrida, quindi non si adatta a nessuna idea di gioco in particolare – non può fare altro che cercare ogni volta soluzioni diverse. Con tutti i rischi del caso. Il punto, però, è che questa stessa rosa non offre garanzie – tecniche, emotive – necessarie perché si possa competere per il vertice seguendo questa strada. Le prestazioni non sono continue, e questa discontinuità si paga nelle sfide agli avversari di livello. Se contro la Sampdoria la vittoria può arrivare grazie ai cambi, contro la Lazio le cose si fanno più difficili. E poi ci sono gli episodi, che possono compromettere le partite giocate bene – come Inter-Napoli.

Contro la Lazio, il Napoli ha perso perché non ha avuto nessun riferimento tattico cui aggrapparsi. E, inoltre, erano assenti anche i leader che sono stati messi “a capo” di questo progetto – Insigne, Mertens ma anche Osimhen, anima del “calcio verticale” visto in alcune gare nella prima parte di stagione. Sarebbero mancanze gravi per chiunque. Diventano però insormontabili se non c’è stata coerenza nell’assemblaggio della rosa, se l’allenatore non può fare altro che cambiare sempre approccio tattico, principi di gioco, per ogni partita. E se i giocatori, come quelli del Napoli, non possiedono la consistenza tecnica e mentale per poter andare avanti in questo modo, o quantomeno per fare grandi risultati.

In attesa che rientrino tutti, Gattuso proseguirà per inerzia. Ma i risultati saranno proporzionati a questa non-scelta, un po’ sua e un po’ imposta dalle circostanze. E le due sconfitte consecutive contro Inter e Lazio, e gli otto punti che ora separano il Napoli dal primo posto, confermano che sta andando proprio in questo modo.

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