Quelle esortazioni sembravano rivolte più a sé che ai calciatori. Quando ho sentito: “Entra Malcuit”, ho desiderato che un lockdown al contrario glielo impedisse
Quando ho sentito: “Entra Malcuit”, ho desiderato che un lockdown al contrario glielo impedisse, ho visto il mondo che crollava intorno a me che per il calcio sto perdendoooo. Non è per Malcuit, per carità, non si offenda ma nemmeno ricordavo più che fosse in rosa, ma per il valore simbolico di quell’entrata. Mi sono sentito un po’ morire, dov’erano gli altri? Dove siete finiti tutti? Non avevamo la rosa più profonda di tutta la serie A? E poi mi sono sinceramente dispiaciuto per Lozano, l’unico che abbia giocato in maniera decente. Non meritava l’infortunio, non meritava di perdere, non lui. Come siamo arrivati a un Malcuit che deve entrare al posto di un attaccante all’Olimpico contro una rivale accreditata? Forse dovremmo fare questa domanda a Giuntoli, al presidente e anche un po’ a Gattuso. Ma andiamo per ordine, prima vediamo cosa è accaduto al Napoli, o cosa non è accaduto, meglio ancora cosa non accade, di tanto in tanto, abbastanza spesso, stando alle ultime settimane, quasi sempre.
Il Napoli si dimentica di sé, si scorda di comparire, di partecipare, di intervenire nel gioco, quel gioco che gli compete per natura. In molte occasioni, i calciatori del Napoli dimenticano le marcature. Si guardi ieri sera al gol di Immobile – bellissimo, non si discute – e ai due centrali del Napoli: esattamente di cosa si stanno occupando? Maksimovic forse ha più colpe, ma pure Kouibaly, non ne è esente. Voglio dire, non è che la Lazio vada in area di rigore con quattro o cinque giocatori, in azioni del genere, al massimo ce ne sono un paio, forse tre, di cui uno – sorpresa – è Immobile (che poteva segnare anche poco prima). Prima ancora del gol dell’attaccante biancazzurro, si va anche debolmente su Marusic che crosserà. Il 77 della Lazio ha tutto il tempo di controllare la palla, di alzare la testa e di metterla al centro; un buon passaggio, ma niente di irresistibile. Mentre Marusic fa tutto ciò, Politano lo guarda da qualche metro, come si guarda un quadro in un museo, un dipinto che non lo attira molto a quanto pare, per il quale non vale la pena avvicinarsi, nessun dettaglio che valga la pena di essere osservato con maggior attenzione. Perciò cross e gol, e ciao.
Il Napoli si ricorda di sé per un paio di minuti, nei quali Reina (al quale evidentemente manca Nennella e ci tiene a sottolinearlo) compie un paio di bellissime parate. Dopodiché basta. La Lazio continua a giocare a calcio (ricordiamo anche che per la squadra romana la partita di ieri sia stata la prima decente in campionato) mentre il Napoli se ne va, semplicemente non è più in campo. Nessuno corre, nessuno pressa, nessuno crea una minima preoccupazione agli avversari. Niente di niente, francamente uno sconforto. Non un dribbling riuscito, un passaggio azzeccato, un tackle fatto come si deve, una sovrapposizione, uno che si smarchi. Niente. Il Napoli la dà per persa prima del fischio finale, prima del raddoppio bellissimo di Luis Alberto. E anche in questo raddoppio ci tocca sottolineare la debolezza degli azzurri. Mario Rui quando appoggia quel pallone sulla tre quarti, come fa a essere così poco convinto, come fa a non vedere chi si muove intorno a lui, non è nemmeno sotto pressione, è solo. Eppure, la passa a un laziale, dopo cinque secondi è due a zero, che pena.
Gattuso, a noi due. Fa quasi tenerezza con quell’occhio coperto, sembra un pirata minore, un Capitan Harlock che non c’è l’ha fatta, gli auguro una pronta guarigione. La tenerezza, dicevo, con quei suoi inutili “daaaaiiii” o “vaaaaai”, accompagnati dalle mani che applaudono. Ieri sera mi pareva che Ringhio incitasse un moribondo, un malato serio, ammalatosi anche grazie a lui. E allora quelle esortazioni sembravano rivolte più a sé stesso che ai calciatori. Un disastro.
È vero che avevamo degli infortunati, è vero che avevamo Insigne squalificato, è vero che abbiamo due attaccanti che se ne andranno, ma intanto per un motivo o per l’altro non li facciamo giocare. Noi facciamo le questioni di principio, di finzione, si capisce, altrimenti le faremmo sempre. Invece, le facciamo esattamente come si fa in Italia, ogni tanto, quando ci conviene. Puniamo poi non puniamo. Mettiamo fuori rosa tizio, ma il risultato è che facciamo male a noi stessi. Intanto che c’è lo usi, visto che lo stai pagando, tanto i soldi li hai già persi, lo venderai a pochissimo (sempre che tu ci riesca prima che se ne vada gratis). La società invece si becca due gol della Lazio e la foto di Milik che dice “Intanto continuo ad allenarmi con il sorriso”. Già, ma noi abbiamo Petagna e l’infermiera piena.
Non mi piace come stanno lavorando Giuntoli e il presidente, si accumulano disastri, uno dopo l’altro. Non mi piace Gattuso, per un periodo mi aveva quasi convinto ero pronto a ritirare le mie obiezioni su di lui, ma francamente gli errori tattici, di interpretazione delle partite cominciano a essere troppi.
Il Napoli è come quando non ti viene una poesia, hai delle buone idee, ma il verso d’apertura non si incastra col precedente, sbagli parola, sintassi, punteggiatura. Accartocci il foglio e ricominci, molte volte, tante volte, per le poesie hai tutto il tempo che vuoi, i campionati, purtroppo, a un certo punto finiscono, e tu ti devi sbrigare per trasformare la buona idea in un risultato o ti trovi nel baratro prima che tu te ne renda conto.