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Il Giornale ricorda quando Sugar Ray massacrò Jake La Motta, ma il Toro restò in piedi

Lo chiamarono il massacro di San Valentino. Era il 14 febbraio 1951. Fu una battaglia di astuzia contro audacia, testa contro cuore, abilità contro coraggio. Gli ultimi 7 minuti furono una carneficina

Il Giornale ricorda quando Sugar Ray massacrò Jake La Motta, ma il Toro restò in piedi

Il Giornale ricorda il massacro di San Valentino. Settant’anni fa oggi, il 14 febbraio 1951, Ray Sugar Robinson massacrò Jake La Motta, campione mondiale dei pesi medi, in un match di pugilato a dir poco crudele.

«Vi giuro che se non ero mai passato attraverso un inferno, quella fu la volta buona».

Lo ricordava così Jake. Il suo inferno furono i pugni di Sugar.

L’incontro passò alla storia dello sport come un massacro.

“Lo paragonarono a quello di 22 anni prima, nel famoso garage sulla Clark street di Chicago: là vennero impallinati sette uomini. Qui, sulla West Madison Street, non molto lontana dal garage, un mercoledì notte, Robinson scaricò mitragliate di uppercut e ganci su quell’uomo. I cassieri contarono 14.802 spettatori per un incasso di 180.619 dollari: lo spettacolo valse il prezzo del biglietto. Decine di milioni di americani davanti alla tv”.

La Motta, il Toro, continuò ad opporsi ai colpi nonostante il naso deformato e la faccia rossa di sangue colante.

“Scrisse Al Buck, giornalista di fama del New York Post: «Sanguinante, livido e malridotto, il Toro del Bronx restò in piedi ma nessuno avrebbe mai più voluto vedere una tal macelleria»”.

Erano nove anni che Jake e Ray si scambiavano cazzotti. Avevano iniziato nel 1942, quando Robinson aveva 22 anni e La Motta 21.

Fu una battaglia di astuzia contro audacia, testa contro cuore, abilità contro coraggio. Dal 9° round Robinson cominciò un selvaggio martellamento, i guanti da 6 once facevano più male: sconciò la faccia e le forze dell’avversario. La Motta pagava il peso sbagliato, l’idea di bere del brandy prima del match per darsi coraggio. Gli ultimi 7 minuti furono una carneficina, Ray scagliò 56 colpi di fila, i fans urlarono di fermarsi. Guardò l’arbitro, ma quello non interveniva. Il “Toro” stava in piedi aggrappandosi ai calzoncini dell’avversario, un occhio chiuso, l’altro con un torrente di sangue. «Quando l’arbitro si intromise fra noi, stavo in piedi solo perché avevo il braccio attorcigliato attorno alle corde»”.

Il match fu interrotto a 2 minuti e 13 secondi del 13° round. Jake svenne sullo sgabello. Quando rientrò nello spogliatoio gli diedero l’ossigeno.

Con il pubblico in delirio per Sugar, mentre Jake lasciava il ring intonò

“«For he’s a jolly good fellow» («Perchè lui è un bravo ragazzo, perché lui è un bravo ragazzo…»). Un coro d’addio alla grande boxe. Robinson tirò avanti fino a 44 anni”.

 

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