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La discendente di Dante: «A scuola è stata dura. Il preside era un dantista. Venivo sempre interrogata»

Specchio intervista Massimilla Serego Alighieri, alla 21esima generazione della famiglia. «Al terzo anno aggiunse un’ora obbligatoria su Dante. Si può immaginare quanto mi hanno amato i compagni di scuola…»

La discendente di Dante: «A scuola è stata dura. Il preside era un dantista. Venivo sempre interrogata»

Specchio intervista la contessa Massimilla Serego Alighieri. Giovane imprenditrice del vino in Valpolicella, è una diretta discendente di Dante Alighieri. Insieme alla sorella, rappresenta la 21esima generazione della famiglia.

La sua azienda, la tenuta Serego Alighieri, è la più antica della Valpolicella. Racconta cosa significa essere la discendente del poeta della Divina Commedia, cosa ha ereditato da lui.

«Dante non era un tipo facile, anzi. Non aveva peli sulla lingua e sulla sua capacità di giudizio ha costruito un’opera, senza preoccuparsi di collocare di qua e di là, all’Inferno, suoi contemporanei. Da lui ho preso il senso critico – anche se io mi espongo meno– l’attaccamento alla patria e l’amore per il territorio. Quando l’hanno esiliato se l’è presa e non aveva torto, ma a Verona si è trovato bene. Qui è stato tre volte e ha stretto un bel rapporto con la famiglia della Scala, non a caso Cangrande è in Paradiso».

La sua carriera scolastica è stata condizionata dal famoso antenato.

«Il fatto che in Italia siamo obbligati a studiare la Divina Commedia mi riempie di orgoglio. Detto questo, io ho frequentato il liceo Alle Stimate di Verona, dove il preside era, ed è tuttora, un dantista appassionato, tanto che al terzo anno aggiunse un’ora obbligatoria per approfondire Dante. Si può immaginare quanto mi hanno amato i compagni di scuola… Quando conclusi gli studi, erano tutti contenti. Peccato che, ironia della sorte, appena uscita io, entrò mia sorella! È stata dura, venivo sempre interrogata. Da adulta, invece, più di tutti me l’ha fatta amare Vittorio Sermonti. È stato lui nel 1997 a portarmi da Papa Giovanni Paolo II per una lettura per pochi intimi, una grande emozione. Adoro recitare, ma ho sempre rifiutato di declamare le sue terzine finché, nel 2019, lo stesso preside del liceo mi ha coinvolto in una serie di letture di Dante: è stata la mia seconda volta. La prima avevo tre anni, a Venezia. Mi arrampicai su un pozzo e mio padre mi disse: recita Dante. E io interpretai l’incipit della Commedia. Fu divertente».

Dante amava il vino? Le viene chiesto.

«Non si sa con precisione, ma nel Purgatorio ne parla quando dice: “Guarda il calor del sol che si fa vino, | giunto al’omorche della vitecola”».

 

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