Massimo Ghini interpreta un procuratore sportivo che, tampinato dagli usurai, trova l’occasione della sua vita in un adolescente uruguagio con le stimmate del fuoriclasse…

Per quelli avvelenati dai mancati marcamenti in area dell’ultimo Napoli consigliamo il film “La volta buona” – su TimVision – per la regia del cineasta partenopeo Vincenzo Marra che tange anche il mondo della periferia del calcio.
Bartolomeo (Massimo Ghini) è un procuratore sportivo che non riesce più a procurare calciatori al manager rampante Rosario (Francesco Montanari). In più ha gli sgherri degli usurai alle spalle ed un matrimonio finito con la parrucchiera Teresa (Gioia Spaziani) con cui ha una figlia che non lo vuole più vedere.
L’occasione della sua vita si materializza in un adolescente uruguagio Pablito (Ramiro Garcia) che ha le stimmate del fuoriclasse e che gli viene segnalato da Bruno (Max Tortora), amico d’infanzia derelitto, che in Uruguay è fuggito, secutato anch’egli dai creditori.
Bartolomeo vive in quella periferia di Roma che ha affiancato palazzoni da 15 piani ad un progetto di progresso nato già morto: e, Marra, con dei semplici piani lunghi alla Antonioni, ne testimonia il degrado. Perché è la disperazione il filo conduttore di questa umanità che affida alle slot machine i sogni di rinascita. Pablito, invece, – che non riesce a crescere in costituzione fisica ed abbisogna di cure ormonali costose e pericolose -, deve farcela per foraggiare la nonna ed i fratellini in Uruguay, con il sogno di rivedere un padre che non c’è.
“La volta buona” è un film poetico e reale che sarebbe piaciuto a Borges che non amava il realismo, ma che apprezzava l’immaginazione come cifra del fantastico. Qui l’immaginazione è quella di recuperare i legami che ci danno il ritmo della vita che di per sé stessa produce il futuro che non c’è.
Vincenzo Aiello ilnapolista © riproduzione riservata