Alla Gazzetta: «Bertolucci gli fece credere che ero un attrezzista appena assunto dalla sua troupe. Lui aveva tanta voglia di giocare che passò sopra alla bugia. La sua squadra era bellissima»

Il 16 marzo 1975, alla Cittadella di Parma, si trovarono opposti, su un campo di calcio, Carlo Ancelotti e Pier Paolo Pasolini. Giocarono in una partita organizzata tra i set cinematografici di Novecento e Salò o le 120 Giornate di Sodoma. Una partita raccontata da Il Fatto Quotidiano qualche tempo fa. Oggi la Gazzetta dello Sport chiede a Carlo Ancelotti di ricordarla. Lui, all’epoca, non aveva neanche 16 anni, giocava come centravanti negli Allievi del Parma. Fu scelto da Bertolucci, che per l’occasione si improvvisò allenatore.
Al termine della partita del sabato, racconta Ancelotti, un dirigente della società gli disse che il giorno dopo lo avrebbe mandato a prendere per fare una cosa in Cittadella.
«Chiesi che cosa fosse. Mi spiegò della sfida tra Bertolucci e Pasolini, ma io non sapevo nemmeno chi fossero. Risposi che andava bene».
Arrivati in campo, Bertolucci presentò Ancelotti e il suo compagno di squadra degli Allievi come due attrezzisti assunti di recente dalla troupe.
«Non la bevve. Si accorse subito che non tutto era regolare, ma aveva talmente tanta voglia di giocare che passò sopra a quella bugia. Loro, la squadra di Pasolini, intendo, erano bellissimi nelle divise rossoblù fiammanti. Lui portava la fascia di capitano al braccio sinistro».
Ricorda la partita.
«Se volete sapere i moduli ve li dico: palla al più bravo e che ci pensi lui. Al tempo si faceva così, non c’era mica il 4-4-2 o il 4-3-3, però era bello: mamma mia, quant’era bello! C’era libertà assoluta. Noi, grazie a me e al mio compagno delle giovanili del Parma, avevamo una marcia in più. Normale. Vincemmo e Bertolucci venne a ringraziarci perché il nostro contributo era stato determinante».
Pasolini non la prese bene, tra l’altro si era infortunato.
«Aveva la faccia scura, anche perché si era fatto male. Mi pare che gli avessero fatto un brutto fallo e che zoppicasse. So che quando fummo premiati con la coppa quelli della squadra avversaria, cioè quelli di Pasolini, erano già spariti. Saranno stati arrabbiati, non so…».
A vedere la partita, racconta, c’erano solo 10 persone. Faceva freddo.
«Qualcuno neanche guardava il campo: se ne stava seduto al tavolo del chiosco a fare colazione. Qualche pensionato portava a spasso il cane. Non era come adesso, che tutti vanno a correre, anche la mattina preso. Fu una partita fantasma, ecco. Se l’avessero disputata oggi, una sfida del genere, con due registi tanto famosi, come minimo ci sarebbe stata la diretta televisiva, con tanto di bordocampisti. Invece nulla. Alzammo la coppa, ci fecero qualche fotografia e poi andammo a fare la doccia nello stanzone dove c’era l’ostello della gioventù. Un freddo cane».
La squadra di Ancelotti indossava maglie “stravaganti”.
«Un viola elettrico, luccicavano. C’era la scritta ‘Novecento’ di traverso, sulla parte davanti. Dissero che le aveva disegnate apposta la costumista di Bertolucci. Può darsi, so che io ero abituato a colori più sobri. La squadra di Pasolini, invece, era decisamente più elegante, ma nel calcio, allora come oggi, vince chi la butta dentro, mica chi fa dell’estetica…».
Uno dei gol della partita fu di Ancelotti.
«Feci gol. Come non lo ricordo. Però ho esultato. Ero un ragazzo, ci poteva stare anche se si trattava di una partita tra amici».