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Azzolini: «de Magistris non ha né scassato né gestito. Per Napoli dieci anni buttati»

Il produttore cinematografico: «Ha fatto il barricadero sulla pelle della città. Avrebbe dovuto portare i libri in tribunale. Se parti con un cadavere e non lo porti a cremare ma gli metti il rossetto, dove vai?»

Azzolini: «de Magistris non ha né scassato né gestito. Per Napoli dieci anni buttati»

Chi governa Napoli? Con il sindaco de Magistris impegnato nella campagna elettorale per le elezioni regionali in Calabria, in piena pandemia, la città sembra senza una guida. Ormai ai margini di qualsiasi dibattito non solo sul suo futuro ma anche sul presente. E nemmeno la corsa dei futuri candidati al posto di sindaco sembra appassionare granché. Come se Napoli fosse diventata una città fantasma. Scomparsa dalle agende politiche e di governo.

Ne abbiamo parlato con Davide Azzolini, produttore cinematografico, per oltre dieci anni direttore del Napoli Film Festival e ideatore, insieme ad Antonio Monda, de “Le conversazioni” a Capri e New York.

«Sì, Napoli è rimasta senza una guida. Ed è il risultato della linea che il sindaco ha voluto dare ai suoi due mandati: ha voluto personalizzare, avocando a sé un ruolo di guida e simbolo della città contro tutti, arrivando anche a scavare un illogico fossato tra città e governo, con il quale non era in linea politicamente. E ne paghiamo lo scotto. Ma, proprio perché ha voluto questa linea, avrebbe dovuto restare in trincea per la città, fino all’ultimo istante a Palazzo San Giacomo. Invece sono venuti al pettine tutti i nodi della sua “visione” della città. Si è eclissato. Tanto, ci sia o meno, per Napoli il sindaco non può fare nulla da tempo. Rimanere, comunque, avrebbe avuto solo un valore simbolico: ci sono situazioni in cui non si può più fare nulla».

Napoli abbandonata all’autogestione, dunque?

«Sì, è una linea che Napoli ha sempre avuto, storicamente. La città ha vissuto sempre tra meraviglia e tracollo, ma poi non esplode mai e non tracolla mai. Lo aveva ben intuito Nicola Pugliese in Malacqua: siamo sempre in attesa che succeda qualcosa ma poi non succede niente. È il nostro punto di forza ma anche di debolezza».

Eppure de Magistris è stato eletto per ben due volte.

«Sì, da una maggioranza che definisco minoritaria. Perché era una persona onesta. Non lo metto in dubbio, ma è un argomento che mi fa venire il voltastomaco. Siamo in una condizione in cui dobbiamo rallegrarci di essere governati da una persona onesta anche se incapace o se non amministra bene. Ora ha pensato di tentare la strada politica in Calabria: in bocca al lupo a lui ma soprattutto ai calabresi».

Quale visione era quella di de Magistris?

«Non aveva una visione politica. Per gestire una città come Napoli devi avere una grande visione, direi filosofica, di cosa vuoi fare della città e circondarti delle migliori competenze. Lui ha preso una città che era una polveriera: l’unica cosa che bisognava fare era prendere i libri e portarli in tribunale e dichiarare il dissesto. Narducci glielo suggerì, a suo tempo, ma lui lo congedò. Preferì l’“arrevutamm” e la bandana. Ha preferito lisciare il pelo alla massa inutile e pletorica delle partecipazioni comunali per avere un consenso quando, invece, avrebbe potuto provare a risolvere problemi decennali. Con la situazione ereditata nessuno avrebbe potuto dirgli nulla: avrebbe dovuto rischiare, buttare giù e ricostruire, lui, un magistrato duro e puro. Invece ha preferito la politichetta di basso cabotaggio a cui siamo abituati, ma anche quella la devi sapere fare. Alla fine non ha né “scassato” né gestito. Ha lasciato le cose come erano».

Nessuna progettualità, insomma, come sulla questione alberi: si alza il vento, c’è pericolo che crollino, chiude le scuole, quando le scuole erano ancora aperte…

«Esatto, una totale rinuncia alle proprie responsabilità».

Il sindaco, secondo lei, ha abdicato per assenza di mezzi?

«Il vero motivo è quello economico, certo. Ma sapeva che c’era quando è stato eletto, però non ha preso di petto il disastro dei conti e si è messo contro il Governo. Se decidi di non prendere il toro per le corna ma tenere il carro per la scesa i risultati questi sono. Restano solo macerie. Napoli non può permettersi il lusso di avere un sindaco così, che c’è o non c’è non cambia niente. Non gli sono ostile, umanamente, ma è che il mestiere dell’amministratore proprio non è il suo. Doveva continuare a fare il magistrato. Ora ci troviamo la stura di tutti questi magistrati illuminati sulla via di Damasco che devono lanciarsi in politica: è la morte della politica. Possibile che Napoli non sia in grado di esprimere un sindaco politico? Candidare i simboli non va bene, non ci sono lauree brevi per fare politica, contano le vicende e gli impegni personali. La politica è una cosa seria».

Il nuovo sindaco, quello che sarà eletto dopo de Magistris, in queste condizioni, che può fare?

«Quello che avrebbe dovuto fare de Magistris, portare i libri in tribunale, o pretendere una legge speciale per Napoli, che azzeri il debito della città e le conceda risorse straordinarie, controllate e monitorate da un prefetto o dal Ministero dell’Economia. Napoli è una città importante, ha bisogno di una ristrutturazione totale. de Magistris ha ereditato una situazione deficitaria, ma non l’ha affrontata. Ha messo la testa sotto la sabbia e ha fatto il barricadero sulla pelle della città. Gli riconosciamo che durante la sua amministrazione non ci sono stati gli scandali che c’erano prima, ma francamente è un po’ poco».

Sulla sua assenza ha pesato anche la presenza ingombrante di De Luca alla Regione?

«De Luca aveva risorse che lui non aveva, sapeva che poteva mettergli il sale sulla coda perché il sindaco era in un angolo. Ne ha approfittato in modo anche istituzionalmente sgarbato, spesso non ha avuto equilibrio istituzionale. Non mi è piaciuto come lo ha trattato. Era forte del fatto che aveva risorse e arrivava a salvare. È stato uno scontro impari, un sindaco senza una lira e un presidente della Regione con le spalle larghe. Non ha aiutato molto».

De Luca ha avuto una visione politica su Napoli?

«De Luca non deve avere visione su Napoli, dovrebbe averne una sulla Regione. Ha basato la sua riconferma elettorale sulla questione del Covid, poi abbiamo visto che non erano tutte rose e fiori. Gestisce una situazione che non invidio. Non stava a lui la visione su Napoli, stava al sindaco, che ha creato – involontariamente, spero – le condizioni per non far nulla. Se parti con un cadavere e non lo porti a cremare ma gli metti il rossetto, dove vai? Devi avere le spalle per pagare un prezzo del genere. Politicamente non ha pagato, dopo otto anni è rimasto un battitore libero come era entrato. Non ha lasciato un’eredità. Poca roba alla luce delle aspettative dello “scassamm”. Ha preso una città in pre-dissesto e la lascia nello stesso modo. Ci ha messo del suo nel non farsi aiutare dal governo. Invece di una politica coraggiosa ha preferito il traccheggio, ma il traccheggio forse lo puoi fare a Milano, non a Napoli. La situazione poteva solo continuare a scivolare».

Qual è secondo lei il problema più grande della città?

«Forse la disparità tra le zone. Ci sono ancora quartieri periferici abbandonati dalle istituzioni ma gestiti da cittadini, come Scampia, dove le associazioni, i privati, gli imprenditori, i librai, riempiono il vuoto lasciato dalla politica. Sono gli abitanti che fanno miracoli in un territorio impossibile».

 

 

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