Un tempo gli allenamenti erano mutuati dall’atletica leggera, oggi si riproducono i gesti del gioco. Uno studio evidenzia i moduli più dispendiosi

Partite ogni tre giorni, turni di campionato spezzatino, lunghe tournée in giro per il mondo durante la preparazione estiva, impegni della nazionale: il calcio di oggi non conosce sosta. I calciatori sono sottoposti a uno stress fino a qualche decennio fa impensabile; ma è lo sport in sé a essere più esigente dal punto di vista fisico. Di conseguenza, la preparazione atletica è profondamente cambiata.
Grazie ai progressi delle conoscenze fisiologiche e della tecnologia, la preparazione di un calciatore del XXI secolo è ben diversa da quella di un calciatore degli anni ’70 o ’80. In primis, il lavoro si focalizza su metodi di allenamenti specifici per il gioco del calcio e mirati sulle caratteristiche di ogni singolo giocatore, in base al ruolo e alla struttura fisica. Il calcio è uno sport di squadra che possiamo definire ad alta intensità: i calciatori, nell’arco dei 90 minuti di gioco, sono costretti a accelerazioni e decelerazioni, scatti, smarcamenti, cambi di direzione e contatti fisici, anche duri, continui.
Se un tempo gli allenamenti erano mutuati dall’atletica leggera, oggi una squadra professionistica svolge un lavoro molto più specifico, centrato sulle caratteristiche del gioco del calcio contemporaneo: il calendario fitto, i numerosi impegni tra campionati nazionali e coppe internazionali, può avere effetti negativi sulle prestazioni dei calciatori, ed ecco perché serve un’analisi puntuale delle caratteristiche psico-fisiche di ogni atleta e dello sforzo richiesto dal suo ruolo.
Negli ultimi anni, l’allenamento è finalizzato a riprodurre in concreto il gesto tecnico che andrà poi eseguito sul campo. Che sia con o senza palla, sia durante la preparazione precampionato che durante l’anno il calciatore svolge esercizi tecnici e atletici, a diverse intensità, che poi si trova a riprodurre sul campo. Sono finiti i tempi dei lunghi giri di campo e degli esercizi generici.
A questo si abbinano i progressi tecnologici, che permettono di analizzare e valutare le performance di ogni singolo calciatore con dati sempre più abbondanti e allo stesso tempo precisi.
È interessante a questo proposito citare uno studio di Peter J. Tierney della Liverpool John Moores University e altri ricercatori dal titolo Match play demands of 11 versus 11 professional football using Global Positioning System tracking: Variations across common playing formations. Lo studio, che risale a qualche anno fa, ha preso in considerazione 43 match e 322 calciatori del campionato inglese, suddivisi per ruolo. Inoltre, sono stati analizzati diversi moduli, dal 4-4-2 al 4-2-3-1. Lo studio si è basato su 5 parametri precisi: distanza totale percorsa, numero di azioni di corsa ad alta velocità, accelerazioni totali, decelerazioni totali, HMLD (High Metabolic Load Distance), che rileva in sostanza l’intensità dell’attività del calciatore.
Lo studio ha evidenziato come che alcuni moduli, come il 3-5-2, richiedevano HDML, distanza totale percorsa e numero di azioni di corsa intensa più alti rispetto ad altri moduli come il 4-2-3-1 e il 4-4-2. Inoltre, l’analisi ha messo in luce le differenze tra un ruolo e un altro: per esempio, i difensori centrali coprono una distanza totale inferiore rispetto agli esterni di difesa, mentre gli attaccanti hanno un HMLD maggiore rispetto agli altri ruoli, soprattutto nel 3-5-2.
Gli addetti ai lavori sono consapevoli di quanto il calcio moderno esiga in termini di prestazioni atletiche. In una recente intervista, il difensore della Juventus Leonardo Bonucci ha toccato il tema con parole molto chiare: “Il calcio è cambiato molto, dal Mondiale del 2006 tutto è più veloce, dal modo di pensare a quello di stare in campo, bisogna essere in grado di reggere l’intensità della partita ogni tre giorni. La differenza la fanno la preparazione, la cura e l’alimentazione”.
Gli fa eco il fisioterapista del Napoli Salvatore Cretella: “Se a un giocatore viene chiesto di giocare la domenica e poi il martedì successivo in Champions, il corpo non ha il tempo di espellere le tossine”.
E forse così si spiega il record di infortuni muscolari tra i partenopei, ben 5 in 7 giorni.
Ecco dunque perché c’è sempre più attenzione alla preparazione atletica dei calciatori, più scientifica e ormai lontana dai dogmi e dai metodi del passato, del tutto inadeguati al calcio moderno, uno sport decisamente differente da quello di soli pochi lustri fa.