E’ da una settimana che la stampa internazionale critica punto per punto il suo discorso all’Eca. Oggi è il turno dello spacchettamento dei diritti tv delle partite per i giovani. Gli analisti dei media la bocciano in tronco
E’ passata una settimana abbondante dalla riunione dell’ECA in cui Andrea Agnelli ha palesato una serie di proposte per la riforma del calcio europeo. Una cosa passata sui giornali italiani quasi senza commento, appena fredda cronaca. Mentre all’estero si sono scatenati. La stampa inglese, dal Guardian al Telegraph ai tabloid, ha dissezionato il discorso del presidente della Juventus, tirando fuori tutte le sue stravaganti idee per demolirle a fuoco lento. Anche in maniera molto dura.
Non hanno ancora finito. Oggi il Daily Mail ha interpellato un po’ di esperti di diritti tv e analisti dei media per discutere dell’idea avanzata da Agnelli di spacchettare le partite e magari vendere abbonamenti per gli ultimi quarti d’ora, che secondo lui attrarrebbero maggiormente la clientela più giovane, ormai incapace di trattenersi davanti allo schermo per i consueti 90 minuti.
Molto sobriamente l’hanno definita “spazzatura”.
Così dice Francois Godard, analista dei media presso Enders Analysis. “I giovani possono sostenere carichi enormi di binge watching notturni, lo fanno con le serie tv. Se il contenuto è interessante, i giovani si dedicano. Quindi, non penso che sia una buona caratterizzazione dei giovani spettatori quella di Agnelli”
L’obiettivo del piano di espansione della Champions è generare più soldi per i club organizzando un format da altre 100 partite a partire dal 2024. Agnelli pensa a come commercializzare questo contenuto aggiuntivo. Ma tagliare la partita minerebbe il modello finanziario e le entrate, dice Godard.
“Fare quello che dice Agnelli ne distruggerebbe il valore. È uno spettacolo di due ore. Dire che l’unico valore sta negli ultimi 15 minuti minerebbe il valore del prodotto. Se ti fai prendere dal panico e cambi modello di business perché i ricavi del club stanno precipitando non è un buon modo di pensare al problema”.
Il problema riguarda più l’atteggiamento dei giovani nei confronti della spesa, dice Pierre Maes, consulente per i media e autore del libro “Le Business des Droits TV du Foot”.
“Abbiamo persone che dicono che la Generazione Z non è più interessata al calcio dal vivo perché non possono passare 90 minuti a guardare una partita completa, ma questa è solo un’idea o una sensazione. Non ho mai visto un sondaggio che lo confermi. Il problema con la generazione Z è che non vogliono pagare i contenuti. Non pagano per l’intrattenimento, la musica, la fiction o lo sport. E sarà una sfida difficile convincerli a pagare”.
Questo non vuol dire che non guardano, ma secondo Maes è più probabile che cerchino contenuti gratuiti sui canali pirata.
“Non importa se controlli gli ultimi 15 minuti, non pagheranno comunque”.