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La depressione non è stress. Ma chi guida un’azienda, deve scegliere uomini affidabili

Non volevo sminuire il male. Ma dire che una scelta sbagliata, dal punto di vista manageriale, può portare la società al fallimento

La depressione non è stress. Ma chi guida un’azienda, deve scegliere uomini affidabili

Sono per le competenze e per il rispetto dei ruoli. Non sono in grado di discutere scientificamente di stress e depressione. Quello che ho tentato di portare è un altro ragionamento, prendo atto che non ci sono riuscito. Il mio parere è che quando scrivi un commento, non devi e non puoi (secondo me, sia chiaro) scendere nel battibecco con chi ti critica. Se scrivi e pubblichi, devi accettare anche gli insulti. I “leoni da tastiera” sono in agguato: ti massacrano senza un filo di ragionamento costruttivo. E va bene così. Ma quello di Ilaria Puglia (stima ricambiata, lo dico all’inizio e non lo ripeterò perché voglio continuare a non essere politically correct) non è un semplice commento, è molto di più e mi sento in dovere di aggiungere qualche osservazione.

Quando lessi che il compianto Vittorio Gassman era ammalato di depressione, mi si aprì un mondo e approfondii (così usciamo anche dal mondo del calcio). Il più grande attore italiano, con tante donne, soldi, fama….depresso! Detto tra noi credo di essere stato depresso anche io o almeno di aver sfiorato la depressione, ma poco importa. Denaro, notorietà, gloria, non riescono a evitarti la depressione. Finita la premessa buonista, però, chiedo: indossiamo per un momento i panni del presidente di un club calcistico. Saremmo disposti ad affidare la panchina ad un allenatore depresso? O “stressabile”? Massimo rispetto per le persone, per l’amor di Dio, ma una scelta sbagliata, dal punto di vista manageriale, può portare la società al fallimento (o al ridimensionamento) con gravi conseguenze, dalla star della squadra al magazziniere che fa anche il caffè (massimo rispetto ancora).

In altre parole, ci sono lavori e lavori. Quando si firma un contratto da cui viene fuori un incarico praticamente dirigenziale (per un attimo fatemi fare il commercialista) si è consapevoli di poter essere licenziati anche senza giusta causa. Il rapporto fiduciario col datore di lavoro è tale che può essere interrotto in qualsiasi momento. Ma questa regola generale esclude gli allenatori: a differenza dei “dirigenti normali”, essi percepiscono lo stipendio anche se sollevati dall’incarico. Ribadisco che non è invidia, la mia. È la precisazione delle norme. Non a caso ho scritto che dovrebbero organizzare dei corsi a Coverciano, su questi argomenti. Anche imponendo un supporto psicologico, lo stesso Morata ha rivelato di essere in psicoterapia. 

Cesare Prandelli non è nuovo a esternazioni come quella ultima e ci sta tutto, ha anche rinunziato allo stipendio. Che io ricordi, soltanto Carletto Mazzone a Napoli fece altrettanto, nell’anno che poi fu quello della retrocessione in serie B. Il mio lavoro, quello che mi procura la pagnotta quotidiana, mi riconduce sempre alla realtà concreta. La depressione non è la stessa cosa dello stress e merita un profondissimo rispetto. Ma gestire milioni di euro e salvaguardare tanti posti di lavoro richiede, talvolta, cinismo e praticità. Per concludere: non lo sono, ma se fossi il presidente di un importante club di calcio, mai offrirei un contratto a Prandelli e Gattuso. Nemmeno a Sarri, in verità. Ma quest’ultima è tutta un’altra storia.

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