Per il secondo anno consecutivo eliminati agli ottavi. Il calcio italiano è autoreferenziale. In Europa prendiamo schiaffi da chiunque ma non ci interessa

Per il secondo anno consecutivo la Juventus viene eliminata agli ottavi di Champions League. Lo scorso anno contro il Lione, stavolta per mano del Porto. E se lo scorso anno venne considerata una sorpresa, stavolta non possiamo dire altrettanto. Due anni dopo l’esonero di Allegri, reo di essersi fatto eliminare ai quarti di finale dall’Ajax, la Juventus è riuscita a fare peggio per due stagioni di fila: prima con Sarri e poi con Pirlo.
Stavolta non c’è neanche tanto sfizio nell’eliminazione bianconera. Un’eliminazione per certi versi rocambolesca. Ma la Juventus ha avuto un uomo in più dall’inizio del secondo tempo e non è riuscito a sfruttarlo fino in fondo.
È dall’inizio della stagione che la Juventus è una squadra temibile soltanto dal punto di vista mediatico. Il livello della narrazione calcistica italiana è a dir poco infimo. Giornali e tv sono letteralmente sdraiati su Cristiano Ronaldo che è stato un fuoriclasse assoluto ma che oggi è un anziano calciatore che sta avvizzendo nel suo patologico egoismo. Per non parlare del trattamento riservato a Pirlo che sembra davvero un signore passato di là per caso. Non è un caso, a nostro avviso, che la miglior prestazione stagionale della Juventus – sabato scorso contro la Lazio – sia avvenuta senza Ronaldo e Bonucci. Che contro il Porto sono scesi regolarmente in campo e infatti hanno perso. Il portoghese ha anche compiuto un errore da dilettanti in barriera, sul gol decisivo del Port.
Il migliore della serata è stato, per distacco, Federico Chiesa un calciatore calcisticamente europeo ma caratterialmente troppo italiano. È uno dei pochi calciatori italiani a saper cambiare passo in velocità, ad aver interiorizzato il concetto che il calcio si gioca sugli scatti ad altissima intensità. Più scatti sei capace di fare in una partita, più sei pericoloso. Il calcio oggi è esplosività. Altro che tiki tika dei poveri e con quindici anni di ritardo.
Della partita si potrebbero dire molte cose. La Juventus era 1-1 all’inizio del secondo tempo e con un uomo in più non è riuscito a qualificarsi.
Ma c’è di più da dire dello stato comatoso del calcio italiano. Che rischia seriamente di non portare alcuna formazione ai quarti di Champions. A meno che l’Atalanta non ribalti il risultato in casa del Real Madrid. Impresa pressoché disperata. Anche se più probabile della rimonta della Lazio col Bayern di Monaco. La quarta squadra che ha cominciato la Champions, l’Inter, è finita quarta nel girone. E in Italia l’eliminazione nerazzurra è stata considerata un vantaggio in campionato. Da noi si ragiona così.
L’Italia è anche calcisticamente un Paese arroccato, accartocciato su sé stesso. Autoreferenziale. Lontano, lontanissimo dall’Europa, per dirla alla Lucio Dalla. Conta soltanto quel che succede entro i nostri confini. Le nostre squadre rimediano figuracce su figuracce nelle coppe europee. La squadra prima in classifica è stata sbattuta fuori come una matricola qualsiasi. Eppure stiamo ancora a raccontare la Serie A come un campionato competitivo. In realtà è diventata il cimitero degli elefanti. Il capocannoniere è Ronaldo. Ibrahimovic da noi ha una media gol straordinaria. Quando gioca, Ribery fa ancora la differenza.
La Serie A è un campionato scarso. Con una mentalità perfettamente in linea col livello qualitativo. In Italia si gioca un calcio scadente. Lento. Dove le cosiddette grandi – nobili decadute – godono comunque di un trattamento di favore. Dove viene spacciato per innovativo un modo di giocare vecchio di quindici anni. Qui da noi un calciatore è considerato giovane fino a 26 anni, all’estero a 19 anni li mandano in campo e fanno anche la differenza. L’Italia è quel Paese dove ancora viene propagandato il pensiero che bisogna sottoporre i calciatori ad allenamenti faticosi per ottenere risultati. Siamo la preistoria calcistica. Chi alza la mano e prova a far notare che siamo lontani luce dalla contemporaneità, viene deriso. Il livello giornalistico – come detto – è imbarazzante.
L’Italia rischia di rimanere senza squadre in Europa. In Europa League sono rimaste il Milan e la Roma. Il Milan giocherà col Manchester United, la Roma con lo Shakhtar. Il Napoli è stato eliminato dal modestissimo Granada e l’ambiente è stato contento, adesso potrà dedicarsi alla rincorsa al quarto posto. Roba da periferia estrema dell’impero.
L’Italia si guarda allo specchio, si bea del proprio nulla calcistico per settimane. Finché non è costretta a confrontarsi col mondo esterno. E puntualmente torna a casa con le ossa rotte. Ma nulla cambia: dalla mattina successiva, tutto riprende come se nulla fosse.
La Juventus di Pirlo è un esempio molto rappresentativo – non l’unico ovviamente – della decadenza del sistema calcio italiano. È il motivo per cui quest’anno godiamo sì – si gode sempre quando la Juventus viene eliminata – ma non riusciamo a non notare lo stato in cui siamo immersi tutti. E da cui molto difficilmente usciremo, visto l’andazzo calcistico e mediatico.