POSTA NAPOLISTA – La memoria selettiva non consente di ricordare tante cose, anche nell’anno dei 91 punti
Facendo seguito a quanto scritto dal lettore Davide Bagnasco che si augura il ritorno del “Comandante” Sarri a Napoli per, riporto testualmente, “tentare nuovamente la presa del Palazzo e riprendere un discorso interrotto sul più bello” vorrei ribadire quanto segue.
A Napoli c’è ancora tanta, troppa, gente che vive di nostalgia per il cosiddetto “Sarrismo”, un’ideologia basata sulla mistificazione della realtà, sull’esaltazione del personaggio, amplificando a dismisura i risultati positivi e minimizzando quelli negativi (il più delle volte fatti passare sotto il silenzio più assoluto), sulla menzogna e sulla sistematica demonizzazione del predecessore e del successore.
Del Napoli di Sarri si racconta sempre e soltanto dello scudetto scippato da Orsato (quando poi, al momento della mancata espulsione di Pjanic, mancava ancora circa mezz’ora da giocare, in 10 contro 10, e nessuno poteva prevedere come sarebbe finita quella maledetta gara tra Inter e Juve se Orsato avesse fatto il suo dovere, senza contare che un rosso mancato a mezz’ora dal termine incide, sul risultato finale, decisamente meno di un rigore sacrosanto non concesso o di uno inesistente accordato, di un gol irregolare convalidato o di uno regolare annullato negli ultimi minuti di gioco; del resto la storia del calcio è piena di episodi di squadre che non hanno vinto, o hanno rischiato di non vincere, nonostante la superiorità numerica…), ma nessuno dice mai che il Napoli quell’anno era stato rimontato e sorpassato in classifica non per opera di Orsato, bensì perché perse 4-2 in casa con la Roma e che, successivamente a quella sconfitta, il Napoli pareggiò due volte 0-0 a Milano con Inter e Milan, pareggiò 1-1 a Sassuolo (con un gol di Callejon negli ultimi minuti) e riacciuffò per i capelli due insperate vittorie in casa contro Chievo (all’89° il Napoli era ancora sotto) e Udinese (dopo un’ora di gioco il Napoli perdeva 1-2 mentre la Juve era in vantaggio a Crotone e solo un gol in acrobazia di Simy e la successiva rimonta del Napoli spinto dal pubblico del San Paolo, permisero agli uomini di Sarri di passare, in meno di mezz’ora, da un momentaneo meno 9 in classifica a meno quattro).
Ma, al di là dei risultati che, come visto, sono stati esaltanti in campionato, decisamente meno nelle Coppe, uno dei cavalli di battaglia della propaganda sarrista per giustificare l’esaltazione del personaggio, è il gioco meraviglioso espresso dal Napoli di Sarri durante il suo triennio sulla panchina azzurra.
Ebbene, a parte il fatto che la bellezza è soggettiva, è relativa, per cui nessuno può affermare, con certezza assoluta, che il gioco del Napoli di Sarri era più bello di quello del Barcellona o del Manchester City di Guardiola, piuttosto che di quello espresso dal Foggia e dalla Lazio di Zeman, dal Liverpool di Klopp, dall’Atalanta di Gasperini, dal Milan di Sacchi, dal Parma di Nevio Scala, dall’Ajax di Van Gaal o di ten Haag, dal RB Lipsia di Nagelsmann o dallo stesso Napoli di Vinicio (anche se, nella città più autoreferenziale del mondo, dopo il calciatore più forte del mondo, il panorama più bello del mondo, la pizza, la mozzarella e le sfogliatelle più buone del mondo, le canzoni più belle del mondo, il chitarrista, il sassofonista, il percussionista, il comico, l’attore e il presentatore più bravi del mondo, non potevamo di certo farci mancare ‘o juoco cchiù bello d’o munno…), andrebbe anche detto che il Napoli di Sarri ha espresso un calcio da applausi il primo anno da Napoli-Bruges fino alla sconfitta rimediata a Torino con la Juve il 14 febbraio (visto che da quella partita in poi il bel Napoli fino a quel momento ammirato si sciolse come neve al sole), il secondo anno da dicembre in poi (fino ad allora il Napoli aveva stentato non poco, avendo perso con Atalanta, Roma in casa e Juve e pareggiato con Pescara e Genoa in trasferta e Lazio e Sassuolo in casa e anche nelle ultime due giornate del girone d’andata ottenne un rocambolesco pareggio per 3-3 a Firenze con un rigore trasformato da Gabbiadini al 94° e una vittoria in rimonta contro una Sampdoria rimasta in dieci uomini, per una “sceneggiata” di Reina, con gol di Tonelli al 95°, tant’è che alla fine del girone d’andata il Napoli era quarto a 10 punti dalla Juve, uno dalla terza e solo uno di vantaggio sulla quinta), mentre, come visto, il terzo e ultimo anno il bel gioco lo si è ammirato soltanto nel girone d’andata mentre in quello di ritorno vi fu una notevole involuzione che portò, nel giro di pochi mesi, ai pareggi scialbi di Milano e Sassuolo e alle vittorie sofferte con Genoa, Chievo e Udinese in casa…
Così come in tanti omettono di dire che il Napoli allenato dal tecnico toscano, essendo a febbraio già fuori da tutte le Coppe, in tre anni ha disputato, rispettivamente 48, 50 e 50 gare stagionali, al contrario, ad esempio, di quello di Benitez, che in due anni ne ha disputate 53 e 59: conoscendo le difficoltà (e l’avversione) di Sarri per i troppi impegni ravvicinati, con molta probabilità se il suo Napoli fosse andato avanti nelle Coppe non avrebbe ottenuto gli stessi risulti conseguiti in campionato. Ma anche questo dato, ovviamente, i sarristi fingono di dimenticarlo, come fingono di non ricordare che il loro idolo, non si è più ripetuto una volta andato via da Napoli, dal momento che, sia a Londra che a Torino, senza i vari Reina, Albiol, Hamsik, Callejon, Allan, etc, non è stato in grado di replicare il calcio che invece aveva praticato a Napoli (tant’è che in entrambe le esperienze, non è stato riconfermato, nonostante le vittorie conseguite e nonostante contratti pluriennali in essere).