Le Streghe mettono definitivamente la parola fine sulla monarchia del campionato italiano. Una domenica all’insegna della Campania felix. E’ il primo giorno di primavera. E’ anche la Giornata della Poesia.
FALLI DA DIETRO – COMMENTO ALLA 28a GIORNATA DEL CAMPIONATO 2020-21
Il Covid ferma la capolista.
E allora i riflettori si spostano sul Campionato dei Secondi.
Sono in palio i residui tre posti per il banchetto d’Europa.
Concorrono in cinque o sei.
Previsioni, nessuna.
Ma una sola certezza.
Chiunque abbia ambizioni dovrà fare i conti con la Dea.
Troppo piccola per il Real, forse. Ma troppo forte per l’Hellas.
Gasp sorprende il suo allievo Juric, schierando una inconsueta difesa a quattro. Ed è padrone del campo.
Fra le concorrenti, i Diavoli.
Spettacolo al Franchi nella partita delle galline vecchie che fanno sempre il brodo buono.
Va prima in gol Ibra pur con una evidente spinta.
Che qualcuno chiama “malizia”, qualcun altro “esperienza”.
E che forse potrebbe chiamarsi più semplicemente e propriamente fallo.
E poi Franchino.
Il francese è velocissimo a trentasette anni suonati. E sigla il momentaneo vantaggio degli stilnovisti.
Ma i Diavoli sono indomiti.
Prima pareggiano con l’altra metà di Ibra, cioè Brahim.
Poi il colpo del fuoriclasse.
Ennesima ripartenza.
Kessie porta palla sul vertice sinistro poi smista a Calhanoglu. Rasoterra con indice di difficoltà supergalattico.
Gran gol e controsorpasso per tre punti valgono doppio.
La stanchezza per le fatiche europee è una balla. Per lo scudetto ormai è tardi, dicono gli esperti. Ma tutto può ancora accadere.
Una domenica all’insegna della Campania felix.
E’ il primo giorno di primavera.
E’ anche la Giornata della Poesia.
Epicedio per la Juve.
A Torino splende il sole e gli agnellini devono dimostrare che il Porto è roba che appartiene al passato.
Sono sempre la Juve, cavolo. E la Juve sa solo guardare avanti.
Non a caso il Vispo Pirlocchio aveva dichiarato in conferenza, con tutta l’enfasi di cui dispone, e con quella voce che ha lo stesso suono che procura l’orinare su una lattina di birra, aveva dichiarato il Maestro che l’unico obbiettivo è fare più punti possibili, per arrivare a giocarsi tutto con l’Inter nello scontro diretto.
E poi che sarà mai questo Benevento.
Già, il Benevento neo promosso. Il Benevento che non vince da 11 gare. Il Benevento dell’amico Pippo che però già era riuscito a fermare l’armata bianconera al Vigorito.
Il Benevento si presenta tutt’altro che rassegnato.
E’ ordinato, e anche propositivo.
E poi questo Montipò è in una di quelle giornate che le prende tutte.
Il Benevento non si lascia spaventare e la gara prosegue nei più triti luoghi comuni.
Le punizioni sulla barriera del Toy Boy. I fuorigioco di Morata.
Non è un luogo comune però la decisione del Var che al minuto 35 cancella il rigore fischiato per fallo di mano di Foulon.
Passano i minuti e le cose non cambiano. La Juve non punge.
Circolazione soporifera, squadra ferma, giocatori distanti fra loro.
Gli unici a correre sono i piccioni che affollano ignari e a frotte il terreno di gioco.
Si arriva al fatale minuto 69. Arthur e Danilo regalano letteralmente palla al gigante mezzo teutonico e mezzo argentino Gaich, il quale riesce prima a controllare e poi a battere in mezza girata Szczesny.
Gaich si chiama Adolfo.
E io in vita mia non avrei mai pensato di ringraziare un tedesco con un nome simile.
La Juve tenta una qualche reazione.
Forse chissà, ci sarebbe anche un rigore su Federico per un fallo di Foulon.
E’ assedio. Pasticciato e caotico, comunque è assedio.
Ma, come dicevo, Montipò le prende proprio tutte.
Ed è disastro.
Il Toy Boy rientra diretto nello spogliatoio. Dove, mi dicono, lo attendono le sberle del Berna che lo accusa di scarso impegno. Proprio lui, dico, che non mi sembra dannarsi più di tanto.
Una partita stregata.
Le Streghe mettono definitivamente la parola fine sulla monarchia del campionato italiano.
Una domenica all’insegna della Campania felix.
E’ il primo giorno di primavera.
E’ anche la Giornata della Poesia.
Ed è subito sera per il Derby del Sole all’Olimpico.
Epinicio per il Napoli.
Il Gattaccio recupera quasi tutti. E manda in campo un gruppo concentratissimo. Entrano e dominano.
Al minuto 27 una punizione da 25 metri.
Gli azzurri organizzano una “seconda barriera”, frutto certamente di lavoro e applicazione a Castel Volturno.
E’ questo accorgimento che costringe Pau Lopez a malamente piazzarsi fra i pali.
Va sul pallone il rientrante Fiammante Fiammingo che indovina magicamente l’unico spiraglio possibile. E’ il vantaggio.
Sette minuti più tardi gli Elfi dei boschi e dei torrenti impazzano e si esaltano in un’azione da manuale del calcio.
Il Pibe di Fratta da sinistra cambia gioco e lancia al millimetro Politano che vola sulla destra. L’ex romanista appoggia di testa all’accorrente Fiammante Fiammingo, sempre lui, sempre in agguato, che di testa raddoppia. Meraviglia.
Nella ripresa basterà solo controllare la reazione Sangue-Oro.
Il tifoso avrebbe dovuto armarsi di molto ottimismo per immaginare sei punti contro Milan e Roma.
Ma questo non è più il Napoli acciaccato e indolente di un mese fa.
Certo, i rientri hanno fatto la differenza.
Ma un altro cambiamento è stato sostanziale.
Il cambiamento maturato nella testa del Gattaccio.
Ha ascoltato le critiche. Ha dimostrato di non essere il calabrese cocciuto che si descriveva.
Ha corretto con umiltà molti errori. Ne ha fatto tesoro. Per il suo bene, e per il bene della squadra.
Ha rivisto la famosa costruzione da dietro.
Ha ridotto il fraseggio all’indispensabile. Non utilizzato più come possesso difensivo.
Ha proposto una coppia di centrocampo ora più affidabile e organizzata.
Dunga Demme, più disciplinato, conserva ora la posizione e evita le goliardiche avventure in attacco che un tempo sguarnivano la protezione difensiva.
Il Fenicottero Andaluso giganteggia ora davanti alla difesa e offre il suo apporto in rottura e in impostazione.
In un mese sembra maturato molto il Gattaccio. Come uomo e come tecnico.
Il Napoli è ora a meno due dalla Juve.
La sfida del 7 aprile sarà un’eliminazione diretta.
E’ la Giornata della Poesia.
Ma lo è anche delle Foreste e della lotta alle discriminazioni razziali.
Insomma, è la Giornata delle cose a cui non frega niente a nessuno.